Corriere della Sera

Se (anche) mangiare è questione di testa

Valutare un piatto in modo oggettivo, al di là del gusto personale? Sembra sia possibile grazie alla «foodologia»: un libro spiega come usare la scienza del nutrirsi per misurare l’intensità dell’esperienza sensoriale. Ma il segreto resta il tempo. Da ded

- Cucina. corriere.it Isabella Fantigross­i

i mangia, certo, ma prima ancora si guarda, si annusa, in qualche caso si tocca. Degustare un piatto è quasi sempre un’attività che riguarda tutti cinque i sensi. E allora valutare il cibo, tornano a dire in molti, al di là del gusto personalis­simo di ciascuno, può essere fatto in modo oggettivo, un po’ come si fa con il vino. «Il portiere dell’albergo, un tempo deus ex machina della gastronomi­a locale, — racconta Michela Diffidenti, autrice del nuovo «Foodology» (Gribaudo), manualetto illustrato in cui spiega divertita come fare ● Un viaggio nel mondo del gusto guidati dai cinque sensi in «Foodology» di Michela Diffidenti, appena uscito per Gribaudo un’analisi sensoriale del cibo — non è più considerat­o un giudice obiettivo e disinteres­sato a cui fare riferiment­o». In un tempo in preda alla passione gastronomi­ca, troppi blogger più o meno istruiti parlano, e straparlan­o, di cibo. E allora, bentornate le valutazion­i di testa nel settore più di pancia che ci sia. Perché, è convinta Diffidenti, «ci sono sapori che raramente si apprezzano al primo assaggio, aromi che possono rovinare un piatto se la proporzion­e è sbagliata, tecniche di cottura che esaltano i sapori di un ingredient­e e altre che lo annullano...». E saper riconoscer­e questi dettagli, superando i confini delle opinioni soggettive, si può, anzi si deve. Tenendo a mente una serie di consigli, il cosiddetto kit dell’assaggiato­re consapevol­e.

Primo: imparate a mangiare utilizzand­o anche altri sensi, oltre al gusto. Provate, del resto, a cibarvi bendati e con il naso tappato: il piacere sarà notevolmen­te ridotto. I colori, invece, regalano sensazioni diverse, e ben descrivibi­li: il viola, per esempio, indica profumi delicati e gradevoli, il verde ricorda le erbe, il giallo-verde rimanda ai gusti acidi e agrumati, il blu scuro a quelli amari. E la presentazi­one dovrà essere accattivan­te. Ancora, annusate: Ricette, consigli, indirizzi e novità sul mondo del cibo e della ristorazio­ne online sul sito il naso ravvisa centinaia di sostanze, gradevoli o meno, appena percettibi­li o intense (attenzione, però, a non confondere il profumo con l’aroma, cioè la sensazione che arriva al naso quando si mastica). E, se potete, toccate: riconoscer­ete la consistenz­a, se un cibo è friabile e croccante oppure gommoso. Alla fine assaggiate. Soffermate­vi sulla sensazione al palato al primo morso, durante la masticazio­ne, quando si deglutisce, se il sapore persiste e il retrogusto. I sapori base? Dolce, salato, acido, amaro, a cui si sono aggiunti di recente l’umami e il grasso. La regola? Tutti gli ingredient­i non devono nascondere l’identità di quello principale ma si devono combinare alla perfezione (come nel risotto con zucca, stracciate­lla e polvere di caffè, una di quelle spezie capaci di amplificar­e il gusto). E, alla fine, tenete presente sempre due regole. Le armonie sensoriali nascono per assonanza o per contrasto: il vino passito, insomma, è perfetto con i dessert e il formaggio erborinato con le marmellate. Ma, soprattutt­o, datevi il tempo per assaggiare. Il cibo è una gioia a cui concedersi con calma. Almeno ogni tanto.

@isafantigr­ossi

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