Se (anche) mangiare è questione di testa
Valutare un piatto in modo oggettivo, al di là del gusto personale? Sembra sia possibile grazie alla «foodologia»: un libro spiega come usare la scienza del nutrirsi per misurare l’intensità dell’esperienza sensoriale. Ma il segreto resta il tempo. Da ded
i mangia, certo, ma prima ancora si guarda, si annusa, in qualche caso si tocca. Degustare un piatto è quasi sempre un’attività che riguarda tutti cinque i sensi. E allora valutare il cibo, tornano a dire in molti, al di là del gusto personalissimo di ciascuno, può essere fatto in modo oggettivo, un po’ come si fa con il vino. «Il portiere dell’albergo, un tempo deus ex machina della gastronomia locale, — racconta Michela Diffidenti, autrice del nuovo «Foodology» (Gribaudo), manualetto illustrato in cui spiega divertita come fare ● Un viaggio nel mondo del gusto guidati dai cinque sensi in «Foodology» di Michela Diffidenti, appena uscito per Gribaudo un’analisi sensoriale del cibo — non è più considerato un giudice obiettivo e disinteressato a cui fare riferimento». In un tempo in preda alla passione gastronomica, troppi blogger più o meno istruiti parlano, e straparlano, di cibo. E allora, bentornate le valutazioni di testa nel settore più di pancia che ci sia. Perché, è convinta Diffidenti, «ci sono sapori che raramente si apprezzano al primo assaggio, aromi che possono rovinare un piatto se la proporzione è sbagliata, tecniche di cottura che esaltano i sapori di un ingrediente e altre che lo annullano...». E saper riconoscere questi dettagli, superando i confini delle opinioni soggettive, si può, anzi si deve. Tenendo a mente una serie di consigli, il cosiddetto kit dell’assaggiatore consapevole.
Primo: imparate a mangiare utilizzando anche altri sensi, oltre al gusto. Provate, del resto, a cibarvi bendati e con il naso tappato: il piacere sarà notevolmente ridotto. I colori, invece, regalano sensazioni diverse, e ben descrivibili: il viola, per esempio, indica profumi delicati e gradevoli, il verde ricorda le erbe, il giallo-verde rimanda ai gusti acidi e agrumati, il blu scuro a quelli amari. E la presentazione dovrà essere accattivante. Ancora, annusate: Ricette, consigli, indirizzi e novità sul mondo del cibo e della ristorazione online sul sito il naso ravvisa centinaia di sostanze, gradevoli o meno, appena percettibili o intense (attenzione, però, a non confondere il profumo con l’aroma, cioè la sensazione che arriva al naso quando si mastica). E, se potete, toccate: riconoscerete la consistenza, se un cibo è friabile e croccante oppure gommoso. Alla fine assaggiate. Soffermatevi sulla sensazione al palato al primo morso, durante la masticazione, quando si deglutisce, se il sapore persiste e il retrogusto. I sapori base? Dolce, salato, acido, amaro, a cui si sono aggiunti di recente l’umami e il grasso. La regola? Tutti gli ingredienti non devono nascondere l’identità di quello principale ma si devono combinare alla perfezione (come nel risotto con zucca, stracciatella e polvere di caffè, una di quelle spezie capaci di amplificare il gusto). E, alla fine, tenete presente sempre due regole. Le armonie sensoriali nascono per assonanza o per contrasto: il vino passito, insomma, è perfetto con i dessert e il formaggio erborinato con le marmellate. Ma, soprattutto, datevi il tempo per assaggiare. Il cibo è una gioia a cui concedersi con calma. Almeno ogni tanto.
@isafantigrossi