I primi passi
I rivali Puntano sull’AI anche Huawei, Google e Samsung. Non solo nel mercato della telefonia Per i produttori oggi è difficile trovare le chiavi per trasformare questa tecnologia in benefici
e vi siete appena abituati a non dire telefono e siete passati all’anglismo « smartphone» potrebbe già essere il momento di cambiare. In molti dei nuovi dispositivi in arrivo i l termine «smart» sta lasciando spazio a «intelligent». Che più o meno vuole dire la stessa la cosa ma con una sfumatura che fa molta differenza: marcare l’inizio dell’era dell’intelligenza artificiale sui dispositivi tascabili. Oggi è anche il giorno in cui debutta nei negozi iPhone X, il telefono del decennale della Mela. Molto atteso perché rompe con il passato di Apple: non c’è più il tasto frontale e soprattutto debutta il Face ID, il sofisticato sistema di sblocco con il volto. Un insieme di tecnologie hardware e software che, non a caso, utilizza anche l’intelligenza artificiale per confrontare il proprio volto, archiviato all’interno di un chip criptato e sicuro, con quello che rilevano gli occhi elettronici. Se il confronto è superato, l’iPhone si sblocca. In caso contrario una piccola vibrazione avvisa che la faccia non è quella giusta. Dietro ai sensori del telefono lavora un chip con motore neurale: un componente del processore A11 Bionic dedicato — semplificando — proprio a replicare il funzionamento di una rete umana di neuroni, con capacità di 600 miliardi di operazioni al secondo.
L’idea di creare un chip dedicato appositamente alle funzioni di intelligenza artificiale non è solo di Apple. In campo c’è anche Huawei, che sul suo Mate 10 Pro, in arrivo il 15 novembre, ha inserito nel suo processore Kirin 970 una Npu, una Neural Processing Unit. Un chip lavora in parallelo agli altri cervelli del dispositivo (la cpu e la gpu che si occupa della grafica). Al momento sul Mate 10 Pro serve per evitare il degrado delle performance del dispositivo nel tempo (tipico problema di molti smartphone Android) e sa impostare in maniera automatica la fotocamera a seconda del soggetto inquadrato: una pianta, un volto, un tramonto e così via. Niente a che vedere con le AI, le intelligenze artificiali della fantascienza. Ma è solo un inizio. Per ora, infatti più che di AI è forse più corretto parlare di « machine learning», di macchine che imparano acquisendo sempre più dati e conoscenza. Gli addetti ai lavori parlano di Edge AI, «artificial intelligence» distribuite: «edge» è il bordo, ovvero i dispositivi finali che abbiamo in mano, contrapposto al cloud, la nuvola dei server remoti. «Parlando di Edge AI, quello che è difficile per i produttori — spiega Roberta Cozza, analista di Gartner — è trovare delle chiavi per trasformare questa tecnologia in benefici. In questo Apple fa un po’ storia a sé. Con Face ID e Apple Pay ad esempio si può pagare nei negozi semplicemente guardando lo schermo ed è un vantaggio comprensibile a tutti. Per altri produttori è meno facile».
L’altro grosso nome in campo è Google, che sta attivando in questi giorni in Italia il suo Assistente (ne parliamo qui sopra). Le funzionalità di machine learning integrate con l’enorme base di dati e l’algoritmo del motore di ricerca, è ben evidente nel modo in cui lavora la fotocamera del Pixel 2 XL, lo smartphone top di gamma di Big G in uscita a metà mese. A impressionare sono i perfetti ritratti con sfondo sfocato, un effetto da macchina professionale che gli altri smartphone ottengono ( e spesso meno bene) con 2 fotocamere con focale diversa e che invece il Pixel realizza con un solo sensore. Lo fa con una rete neurale che capisce quali pixel dell’immagine appartengono a una persona e quali no. Un’intelligenza artificiale addestrata dagli ingegneri di Google con un milione di foto che mostravano visi, persone, occhiali, cappelli. In questo modo la rete neurale riesce a distinguere i diversi soggetti e applica una sfocatura molto efficace. Il sistema inoltre continua ad apprendere e i risultati miglioreranno.
Come spiega ancora Cozza, «gli smartphone sono solo un tassello di una tendenza più generale che investe anche i dispositivi per la casa connessa,