Botti in Champions l’Europa in testacoda
Anche le certezze più solide possono cambiare in fretta: chi da anni colleziona risultati soffre e c’è chi si sta prendendo sonore rivincite
Massimiliano Allegri si lamenta della sua Juventus, che passa troppo tempo sull’altalena e non trova ancora il giusto equilibrio. Ma cosa dovrebbero dire allora Zidane, Simeone e Conte? Il Real bi-campeon non perdeva una partita dei gironi di Champions dal 24 ottobre 2012 ed è stato travolto a Wembley dal Tottenham; l’Atletico Madrid che ha stupito l’Europa per 4 anni, andando due volte in finale, ci è riuscito ancora, ma pareggiando due volte col Qarabag e mettendo un piede fuori dalla Coppa. Decisivo sarà lo scontro con Conte, che contro la Roma non solo ha perso in modo netto il confronto con Di Francesco, ma ha anche esaurito i crediti per la Premier League vinta al primo tentativo.
Anche perché Manchester è tornata capitale d’Inghilterra e d’Europa con Mourinho e Guardiola. E pure il Paris Saint Germain di Emery, ma soprattutto di Neymar e Mbappé, per la prima volta fa davvero paura a tutte le grandi di Champions: ha il miglior attacco (17 reti) e non ha ancora subito un gol. Merito del mercato stellare, soprattutto nel caso francese. E merito anche della voglia di rivalsa dei due pesi massimi, José e Pep. Oscurati fin troppo a lungo per i loro gusti dai primi, scintillanti, 17 mesi di Zidane alla guida del Real: 76 vittorie nelle prime 100 partite in panchina, con 2 Champions conquistate di fila, come nessuno negli ultimi 25 anni, assieme a una Liga, un Mondiale per club e 3 supercoppe.
In quattro giorni il Real ha perso a Girona, scivolando a 8 punti dal Barcellona in campionato e viaggia al secondo posto nel gironcino di Champions: stessa posizione, questa, di un anno fa, quando poi finì in trionfo. A testimonianza che i verdetti di autunno hanno probabilmente vita breve. Ma questa è la prima vera crisi che Zizou si trova ad affrontare.
(Action Images, Getty Images, Afp, LaPresse, Ap) E soprattutto la rosa del suo Real sembra strutturalmente indebolita dalle partenze di Morata, James e Pepe e dagli infortuni, con Bale (ancora) fuori da un mese. Perché la differenza alla fine la fanno soprattutto i grandi giocatori. E chi ha Cristiano Ronaldo in squadra lo sa bene: «Crisi? La gente dimentica rapidamente ciò che di buono è stato fatto — sibila CR7 —. Possiamo perdere anche 3 o 4 partite, ma non c’è crisi: non bisogna dimenticare ciò che abbiamo conquistato negli ultimi anni. Sono certo che le cose torneranno come prima».
Lucidare le medaglie sul petto potrebbe anche sembrare un segno di debolezza, ma
La crisi di Zizou La prima crisi di Zidane al Real, lo sprofondo di Simeone e i guai di Conte al Chelsea Il ritorno dei re Lo United di Mou il City di Guardiola e il Psg di Emery a punteggio pieno
se lo fa anche José Mourinho, che è a punteggio pieno in Champions ed è in corsa in Premier a 5 punti dal City, allora magari vuol dire che è una necessità. Perché oltre ai giocatori, spesso contano anche i punti di vista. E magari, perché no, anche le mode e gli «ismi» (come Guardiolismo, Cholismo o Contismo): «Certe prestazioni, se fatte da altre squadre, sono magiche, espressioni di una tattica geniale, figlie di un atteggiamento fantastico dei giocatori — aggredisce Mou, che domenica è pronto a prendersi qualche rivincita contro Conte —. In altri casi invece quelle stesse prestazioni vengono giudicate in modo negativo, come conservative. Un esempio? Il Tottenham ne ha fatti 4 al Liverpool e 3 al Real, ma contro di noi non ha segnato: meriteremo dei complimenti». Per quelli si prega di ripassare. La guerra dei mondi è appena ricominciata.