Corriere della Sera

«L’inciviltà (pericolosa) di chi guida»

Il fratello del ciclista Scarponi, travolto da un furgone: in troppi distratti al volante

- di Marco Scarponi

Vivo a Filottrano, in Provincia di Ancona. Ho moglie e figli. Mio fratello è stato ucciso più di sei mesi fa mentre era in bici. È stato investito da un furgone che non gli ha dato la precedenza. Mio fratello si stava allenando per il Giro d’Italia che avrebbe corso da capitano. Dopo aver letto l’articolo sul Corriere di Alex Zanardi dico che bisogna fermare il massacro sulle nostre strade. Serve più civiltà tra chi guida.

IMarco Scarponi, fratello del ciclista Michele, investito e ucciso lo scorso aprile proprio mentre era su una bicicletta, ha scritto una lettera al «Corriere della Sera» dopo l’articolo pubblicato giovedì scorso in cui il campione Alex Zanardi, 51 anni, lanciava l’allarme sulle tante, troppe persone distratte dal telefonino mentre sono alla guida. Zanardi si è proposto anche di diventare testimonia­l per una campagna di sensibiliz­zazione «senza chiedere un centesimo» per la sicurezza sulle strade convinto del fatto che bisognereb­be puntare di più sull’educazione stradale.

nnanzitutt­o mi presento, sono Marco Scarponi e vivo a Filottrano in provincia di Ancona con mia moglie e i miei tre figli. Sono un educatore profession­ale, sto tutto il giorno al fianco di ragazzi straordina­ri che hanno tanto da insegnarci e che noi non ascoltiamo, ma classifich­iamo come autistici, down, spastici, ritardati, matti. Da qualche anno sono tornato ad abitare nella casa dove sono cresciuto, nella piccola frazione di Cantalupo.

La casa dove vivono ancora, al piano superiore, i miei genitori e mia sorella Silvia, di otto anni più piccola, una giocatrice di calcio, che il giorno lavora nel forno del paese, alzandosi

alle 5 di mattina, e la sera va ad allenarsi a Jesi. Una campioness­a capace di portare, da capitano, la sua squadra in serie A nella stagione 2015-2016. La casa, dicevo, dove ho giocato per tutta l’infanzia con mio fratello, Michele Scarponi, di due anni più piccolo, un altro capitano, un vero campione di ciclismo, che non ha bisogno di presentazi­oni.

Mio fratello è stato ucciso più di sei mesi fa, investito da un furgone che non gli ha dato la precedenza mentre si allenava sulla sua bici sulle strade delle nostre colline, in vista di un Giro d’Italia che avrebbe corso da capitano. C’erano cinquemila persone al suo funerale, il 25 aprile scorso. C’erano Giacomo e Tommaso, i miei nipoti, i suoi figli che non avevano ancora compiuto cinque anni e c’era Anna, sua moglie. C’era nostra nonna, che tra poco compirà ottant’anni. C’erano nostro padre, Giacomo, e nostra madre, Flavia. C’era mia moglie e c’erano i miei tre bambini, i suoi nipoti. C’eravamo io e Silvia.

Dopo aver letto l’articolo pubblicato sul Corriere della

Sera del 1° novembre 2017, in cui Alex Zanardi riporta l’attenzione sulla sicurezza stradale parlando di rieducazio­ne dei guidatori, mi sono deciso di scriverle perché anch’io mi sono chiesto in questi mesi che cosa siano diventate le strade, che cosa sia ormai una strada, che cosa succeda sulla strada e l’unica risposta che sono riuscito a darmi è questa: le nostre strade sono il luogo prediletto del più silenzioso e orribile dei massacri. Perché è un lungo e interminab­ile massacro quello che sta accadendo e non c’è un’altra parola per definirlo, basta dare un’occhiata i dati dell’Istat riguardant­i gli incidenti stradali in Italia nel 2017.

Nel 2016 si sono verificati in Italia 175.791 incidenti stradali con lesioni a persone, che hanno provocato 3.283 vittime e 249.175 feriti. Tra le vittime sono in aumento i ciclisti (275, +9,6%, quasi uno al giorno) mentre i pedoni sono quasi due al giorno (570). Tra i comportame­nti errati più frequenti e pericolosi alla guida sono da segnalare la guida distratta — spesso per l’uso dei cellulari al volante —, la velocità troppo elevata e l’effetto di alcol e droga.

Credo fortemente che sia arrivato il momento di mettere in atto quel cambiament­o culturale necessario affinché sulle nostre strade, non dico si possa ritornare a giocare e ad incontrars­i liberi e sicuri come tanti anni fa, ma che perlomeno si possa circolare tutti, pedoni, ciclisti e automobili­sti, senza più morti. Questo non è solo un cambiament­o culturale, ma è anche e soprattutt­o un cambiament­o politico. È ora che le nostre amministra­zioni, che sono sul territorio, agiscano in fretta, mettendo in sicurezza con tutte le loro forze i punti critici e i tratti stradali più pericolosi che sono già stati teatro di incidenti mortali e non, promuovend­o un servizio di trasporto pubblico adeguato, serio. È ora che venga fatta una prevenzion­e, una promozione e una formazione capillari, costanti e decise ovunque. È ora di essere chiari una volta per tutte: in strada accadono incidenti perché qualcuno commette un errore o più errori e spesso questo qualcuno che sbaglia uccide. U C C I D E. Forse è giunto il momento nel quale i giorni in cui la nostra auto resta disinnesca­ta in garage prevalgano sui giorni in cui viene messa in moto per percorrere i cento metri che ci dividono dalla scuola dei nostri figli, dal lavoro o dal bar. Uno stile di vita sano, sostenibil­e e sicuro passa per forza sulle nostre strade e, che lo vogliamo o meno, per quanto noi ci crediamo assolti, siamo tutti lo stesso coinvolti e potenziali colpevoli di una strage.

Concludo dicendo che è intenzione della mia famiglia, non appena le energie positive prenderann­o il sopravvent­o su quelle negative, dare vita a una Fondazione che porti il nome di Michele. Fondazione che avrà come scopo principale quello di occuparsi, seriamente, di prevenzion­e per la sicurezza stradale.

Il sorriso di Michele salverà molte vite.

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(foto Watson/Bettini) In gara Michele Scarponi durante una gara del Giro d’Italia 2012 vicino Cortina d’Ampezzo. Il profession­ista è morto il 22 aprile 2017
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Insieme Marco Scarponi (al centro) con il fratello Michele e la sorella Silvia
 ??  ?? Sul «Corriere» L’articolo con le parole di Alex Zanardi dopo il suo tweet in cui critica chi guida utilizzand­o il telefonino
Sul «Corriere» L’articolo con le parole di Alex Zanardi dopo il suo tweet in cui critica chi guida utilizzand­o il telefonino

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