Macaluso: al Pd manca cultura politica Chi perde così non si nasconda
«È chiaro che si tratta di una sconfitta clamorosa, Renzi subisce una sconfitta molto pesante». Emanuele Macaluso — una vita passata a sinistra, parlamentare pci e poi pds per sette legislature — commenta «da non iscritto» il risultato delle Regionali in Sicilia: «Come siciliano, sono amareggiato e umiliato; come osservatore politico dico: attenti, un partito con l’ambizione di governare il Paese che si riduce a questi livelli non può nascondere che oggettivamente un problema esiste».
Quali sono le cause di questo fallimento?
«Innanzitutto, un centrosinistra che si presenta diviso gioca a perdere. Nessuno poteva certamente pensare che il Pd o la lista di Claudio Fava potesse vincere. Così hanno raccolto soltanto voti di appartenenza. E bisognerà anche vedere quanti saranno alla fine quelli del Pd».
A chi attribuisce la responsabilità della spaccatura?
«Sia a Bersani e D’Alema che a Renzi. Hanno usato la conflittualità per confrontarsi, un braccio di ferro che poi era soltanto un braccio di latta. Però la causa della disfatta riguarda soprattutto il Pd: non è più un partito ma un aggregato politico elettorale al servizio del leader. E questo si paga».
È il partito leggero…
«Appunto. Prima la sinistra aveva un rapporto diretto con le masse, affrontava i problemi concreti delle persone, conduceva battaglie sociali e culturali, combatteva la mafia. Adesso tutto questo è completamente sparito. Si pensa che bastino i tweet, i dibattiti televisivi urlati… Il Pd non ha più un giornale, una rivista culturale, comunicazione».
Manca cultura politica?
«Totalmente. E questo nelle persone fa prevalere l’istinto o l’assenteismo. Oggi tutto è giocato sulle battute, sui rimpalli. Renzi pensa che il 40% raccolto al referendum costituzionale sia sua proprietà personale. E che tutto si risolva inseguendo i grillini, che rappresentano l’anti-cultura politica e parlamentare. Qualcuno si offende quando dico che una volta un bracciante emiliano o un contadino delle Madonie avevano cultura politica, interesse e visione del mondo superiori a quello dell’attuale classe dirigente politica».
Oltre a questi errori alti, strutturali, crede che in Sicilia abbia influito negativamente anche l’alleanza con Alfano?
«Certamente. Perché un conto sarebbe stata un’alleanza con Alfano di tutta la sinistra unita; ma se ti presenti diviso
e pensi di poter vincere con Alternativa popolare…».
Che prospettive vede per le prossime Politiche?
«O ci sarà una coalizione, oppure si andrà a una ripetizione del risultato siciliano. Lo devono avere chiaro Bersani e D’Alema, ma soprattutto Renzi. E, se c’è una coalizione, è questa che decide il candidato a Palazzo Chigi».
Ha un nome?
«No. Ma non si può ignorare che Gentiloni ha acquisito credibilità in Italia e in Europa, mentre Renzi l’ha completamente persa».
Per chi avrebbe votato in Sicilia?
«Per fortuna voto a Roma. E già sarà difficile…».