L’ASSEGNO DI RICOLLOCAZIONE UNA NOVITÀ DA SFRUTTARE
Caro direttore, nei Paesi con un mercato del lavoro particolarmente dinamico, come gli Stati Uniti, le persone durante la propria vita professionale passano da un lavoro a un altro mediamente una decina di volte. I livelli di mobilità da lavoro a lavoro in Europa sono più bassi. Ma, in uno scenario globale dominato da rapidi processi di interconnessione e di innovazione tecnologica, anche nel nostro continente i mercati del lavoro acquisiranno un dinamismo sempre maggiore, con più frequenti cambiamenti di professione, di mansioni e di competenze.
Secondo l’Ocse, la quarta rivoluzione industriale comporterà per l’Italia un 10 per cento di occupati ad alto rischio di automatizzazione e un altro 44 per cento suscettibile di un cambiamento radicale delle proprie mansioni. In realtà nel nostro Paese già ora le transizioni da un posto di lavoro a un altro non rappresentano più un’eccezione, né riguardano solo momenti di crisi. Un ciclo economico positivo non riduce le trasformazioni industriali, che sempre di più riguardano le imprese più forti sul mercato.
Una quindicina di anni fa il sociologo Ulrich Beck, con un certo allarme, indicò il fenomeno dei nuovi «nomadi del lavoro», coloro che sono costretti a migrare da un’occupazione a un’altra. La mobilità può, in effetti, rappresentare un rischio. Ma può anche essere un’opportunità di riqualificazione e di arricchimento professionale per i lavoratori e un volano per incrementare la produttività complessiva del sistema economico. L’Ocse ha verificato che i Paesi dove si hanno maggiori passaggi da lavoro a lavoro sono quelli in cui vi è un più alto tasso di
transizione anche dalla disoccupazione all’occupazione. Ma sono anche quelli dove si investe di più nelle politiche attive del lavoro.
La vera sfida è, quindi, governare le transizioni. L’idea di combatterle lancia in resta è un’illusione donchisciottesca. Altrettanto illusorio è pensare di affrontare gli impatti delle trasformazioni aziendali solo in una logica passiva, attraverso lo strumento degli ammortizzatori sociali. Nella legge di Bilancio, appena approvata dal Consiglio dei ministri, c’è una novità che può segnare una svolta rispetto al passato. Sarà, infatti, estesa anche ai lavoratori in cassa integrazione la possibilità di richiedere l’assegno di ricollocazione, cioè una somma da utilizzare presso i servizi per l’impiego pubblici e privati al fine di attivare un percorso guidato di accompagnamento a un nuovo lavoro.
Sappiamo che la cassa integrazione, con il passare del
tempo, aveva perso il suo senso originario. Istituita per aiutare lavoratori e imprese a superare situazioni di gravi difficoltà nella produzione, permettendo ai primi di scongiurare il rischio di licenziamento e alle seconde di «congelare» una parte della forza lavoro per poi recuperarla in fase di ripresa, la cassa integrazione si è, di fatto, trasformata in uno scivolo verso la pensione. Dilatandone a dismisura i tempi e prevedendo deroghe su deroghe, questo strumento era diventato un escamotage per mantenere surrettiziamente a galla posti di lavoro in realtà privi di alcuna possibilità di rivitalizzarsi. Senza contare che questo meccanismo ha finito per contribuire alla proliferazione del lavoro sommerso, che oggi l’Istat stima nella insostenibile cifra di 3,7 milioni di posti di lavoro non dichiarati.
Un primo segnale di rottura, per far cambiare pelle alla cas- sa integrazione, si è avuto con il Jobs act, che ne ha ridotto a due anni la durata massima, prevedendo al suo termine un’indennità di disoccupazione di natura universalistica, condizionata alla attivazione del disoccupato. Ora, con la legge di Bilancio, l’assegno di ricollocazione viene esteso agli occupati sospesi in cassa, così togliendo l’alibi dell’alternativa tra inattività e lavoro nero e spingendo a impiegare questo periodo di «congelamento» in percorsi di riqualificazione, orientamento e accompagnamento al lavoro. Si tratta di una novità che implica un cambio di paradigma nel modo di affrontare la sfida delle transizioni nel mercato del lavoro. Sarà interessante verificare, alla prova dei fatti, quanto questa sfida verrà effettivamente raccolta dalle imprese e dai lavoratori.
Presidente Anpal