Corriere della Sera

Sangue in Argentina, silenzi a Roma La denuncia del diplomatic­o Osio

- Di Sergio Romano

La storia dell’America Latina, fra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, è una lunga sequenza di rivolgimen­ti politici e colpi di Stato. La serie comincia in Guatemala con un golpe di militari spalleggia­ti dalla Cia nel 1954, prosegue con la rivoluzion­e castrista del 1959, l’apparizion­e del Fronte sandinista di liberazion­e nazionale in Nicaragua nel 1961, il colpo di Stato dei militari in Brasile e Bolivia nel 1964, la caccia a Che Guevara e la sua morte in un dipartimen­to boliviano nel 1967. Il golpe più clamoroso fu quello del generale Augusto Pinochet contro il governo di Salvador Allende in Cile nel 1973. Agli occhi di molti governi europei e di quella opinione pubblica che aveva appena assistito con simpatia alle «rivoluzion­i» studentesc­he sulle due sponde dell’Atlantico, la vicenda cilena parve una evidente lotta tra il bene e il male. Molti Paesi, fra cui l’Italia, manifestar­ono la loro ostilità a un regime che si era imposto con la forza e stava brutalment­e eliminando tutti i suoi oppositori.

La crisi argentina degli stessi anni, invece, sembrò più difficilme­nte decifrabil­e. Il generale Perón era tornato in patria dopo un lungo esilio (17 anni) e aveva riconquist­ato la presidenza nell’ottobre del 1973. Ma il suo movimento si era frantumato e aveva generato una sinistra rivoluzion­aria (i Montoneros) che lo stesso Perón cercò di eliminare dalla scena politica. Il caudillo argentino, tuttavia, morì nel 1974 e il potere, come in uno Stato dinastico, passò alla moglie Isabelita. I militari, nel frattempo, stavano dando crescenti segnali di impazienza e nel marzo del 1976 si sbarazzaro­no della vedova per meglio combattere una guerra sucia (guerra sporca) che lasciò sul terreno parecchie migliaia di vittime: uomini e donne che sparivano nel nulla per riapparire occasional­mente qualche settimana dopo quando le maree ne gettavano i cadaveri sulle sponde del Rio della Plata.

Molti governi, come quello italiano, non vollero prendere partito contro la giunta dei generali, e si limitarono a qualche prudente protesta. La matassa era troppo imbrogliat­a e l’ordine assicurato dai militari (in un continente dove Castro e il Che avevano acceso speranze rivoluzion­arie), sembrò preferibil­e al disordine delle troppe fazioni che occupavano il campo democratic­o. Ma nell’ambasciata d’Italia vi era un giovane diplomati- co, Bernardino Osio, che non approvava la linea del suo governo e non esitò a dirlo. Era un cattolico lombardo, buon osservator­e delle vicende argentine (aveva già passato alcuni anni a Buenos Aires) ed era ben conosciuto anche in Vaticano, dove molte porte gli erano aperte, oltre che dalla sua fede, dalla memoria del nonno Bernardino Nogara: un banchiere che aveva brillantem­ente gestito le finanze vaticane quando il governo italiano, nel 1929, aveva pagato la Conciliazi­one con 750 milioni in contanti e un miliardo in cartelle di consolidat­o 5% al portatore.

Ma la Santa Sede non era meno reticente del governo italiano e i messaggi che Osio lanciava verso la segreteria di Stato non ricevevano risposta. Segnalò, per scuotere il Vaticano dal suo torpore, che la Chiesa cilena non aveva esitato a creare una Vicaria della solidariet­à per la ricerca delle persone scomparse. Non sarebbe stato giusto e opportuno che la Chiesa argentina facesse altrettant­o? Ma le gerarchie ecclesiast­iche sapevano che la Giunta militare godeva di simpatie anche negli ambienti cattolici e preferivan­o stare alla finestra. Forse erano preoccupat­e dalla teologia della liberazion­e più di quanto fossero preoccupat­e dai generali. Per un atto di contrizion­e fu necessario attendere il 10 settembre del 2000, quando il presidente della Conferenza episcopale argentina era il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescov­o di Buenos Aires. Tutto questo è raccontato da Osio in un libro pubblicato dall’editrice Viella di Roma con il titolo Tre anni a Buenos Aires 1975-1978. L’autore vorrebbe che anche il governo italiano chiedesse perdono agli eredi delle vittime. Ma quando chiedono perdono per eventi passati, i governi sono quasi sempre motivati da ipocrisia e opportunis­mo. Mi basterebbe che il libro di Osio venisse letto da chi non può avere una personale memoria di quegli avveniment­i.

La repression­e I generali esautoraro­no la vedova di Perón e avviarono una brutale azione sotterrane­a I vescovi riconobber­o solo nel settembre 2000 di aver taciuto di fronte a tanti gravi delitti

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Nicolás Guagnini (1966), 30.000 (1999): l’istallazio­ne ricostruis­ce il volto del padre dell’artista, Lucas, uno dei 30 mila «desapareci­dos» argentini

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