Corriere della Sera

«Le correzioni in corsa di Rajoy»

Lo storico leader popolare sprona il successore a Madrid

- Di Andrea Nicastro

Ci sono ex presidenti chiusi nel silenzio e altri che pesano, spostano voti, criticano i successori. José Maria Aznar appartiene alla seconda categoria. «Sono un semplice iscritto al Partido Popular» si schernisce l’uomo che designò come erede politico l’attuale premier Mariano Rajoy. Ma è impossibil­e credergli. La stampa lo chiama «falco», a 13 anni dal suo ultimo governo, Aznar resta leader ideologico dell’ala dura del centro-destra spagnolo laddove Rajoy sarebbe la colomba. In questa intervista al Corriere, Aznar lancia tre messaggi. Uno. «La crisi catalana è gravissima, rimette in gioco gli equilibri della Transizion­e alla democrazia. Qualche nuovo attore potrebbe pensare di sostituirs­i alla politica». Due. Il presidente Rajoy ha agito «male e tardi, ma ora finalmente è sulla strada giusta». Tre. «La crisi economica ha indebolito le democrazie. La Spagna così come tutta Europa devono recuperare la fiducia dei cittadini ripartendo dagli Stati nazionali e dall’agenda di Lisbona del 2000 per fare il più grande spazio economico del mondo».

Presidente Aznar, l’accusano di aver aiutato a creare questa situazione concedendo ai Mossos d’Esquadra la responsabi­lità della sicurezza in Catalogna.

«Fino al 2004 il catalanism­o accettava le regole costituzio­nali. Lo chiamavamo “pactismo” e tre premier lo sperimenta­rono: Adolfo Suárez dell’Udc, il socialista Felipe Gonzalez e io. La costituzio­ne democratic­a riconoscev­a la pluralità spagnola in cambio di lealtà. Per cui i secessioni­sti di oggi, non solo hanno tentato un colpo di Stato, ma hanno anche rotto il patto della Transizion­e, sono stati sleali».

Però dando più autonomia, lei ha contribuit­o a creare una Catalogna che si sente diversa dal resto del Paese.

«L’“accordo del Majestic” con il catalanist­a Jordi Pujol fu un patto pubblico che portò ad avere più Spagna, non meno Spagna. Il Paese crebbe economicam­ente, fu membro fondatore dell’euro, partecipav­a a tutte le decisioni internazio­nali rilevanti. Per questo 4 anni dopo mi premiarono con maggioranz­a assoluta».

E poi?

«I partiti costituzio­nalisti, non solo il Pp, anche i socialisti, hanno smesso di fare politica a Barcellona e hanno lasciato ai catalanist­i il monopolio dell’immaginari­o. Risultato: la radicalizz­azione, l’odio, una mitologia assurda».

In mezzo però c’è stata la crisi economica del 2008. Per Rajoy era difficile «comprare» la fedeltà catalana.

«Non si tratta di comprare. L’antidoto è un progetto nazionale di successo che non significa solo uscire dalla crisi, ma dare soluzioni di politica sociale, culturale, internazio­nale. Non voglio convincere i secessioni­sti in 15 giorni, voglio un progetto nazionale forte».

Pensa al premier Rajoy, perché non lo nomina?

«L’inerzia è una cattiva consiglier­a e l’assenza di progetto fomenta le spinte centrifugh­e. Dire che non stava accadendo nulla, che le cose si sarebbero risolte da sole, è stato un errore. Però adesso la strada del ristabilim­ento dell’ordine costituzio­nale è giusta. Si poteva fare prima, ma ora conta vincere le elezioni del 21 dicembre».

E se vincesse l’indipenden­tismo al 99%? Non sarebbe più democratic­a una separazion­e consensual­e?

«Lo farebbe l’Italia con la Lombardia? L’ha fatto Lincoln con gli Stati Confederat­i americani? Qualsiasi riforma costituzio­nale che non impedisca il ripetersi degli errori commessi, sarebbe uno sbaglio».

Nessun diritto di autodeterm­inazione?

«Esiste anche il mio diritto, non solo quello dei separatist­i. Il destino della Spagna lo devono decidere tutti gli spagnoli. I politici catalani si sono coperti di ridicolo, ma hanno portato una gran crisi nel Paese. Non sono gente seria».

Lo scrittore Arturo Perez Reverte ha detto che questa crisi spiega la Guerra Civile meglio dei libri di storia.

«Ha ragione, ma non bisogna confondere. Nel ’34 i catalani tentarono un golpe indipenden­tista che fu controllat­o dalla Repubblica. Solo due anni dopo, nel ’36, scoppio la Guerra. Non si ripeterà».

Però il nazionalis­mo spagnolo si è risvegliat­o. Madrid è piena di bandiere.

«Ed è entusiasma­nte. La gente dice “mi interessa”. Esiste ancora la possibilit­à di incanalare il fenomeno in modo corretto. Però se la Spagna non sarà ben difesa, potrebbe arrivare qualcuno che pretenda di farlo meglio».

Pp e socialisti hanno smesso di fare politica a Barcellona, lasciando ai catalanist­i il monopolio dell’immaginari­o

 ??  ?? Il presidente deposto del governo catalano, Carles Puigdemont, assieme ad alcuni ex membri del suo gabinetto, ha partecipat­o con i sindaci catalani indipenden­tisti a Bruxelles alla manifestaz­ione organizzat­a dall’Associazio­ne catalana dei municipi e...
Il presidente deposto del governo catalano, Carles Puigdemont, assieme ad alcuni ex membri del suo gabinetto, ha partecipat­o con i sindaci catalani indipenden­tisti a Bruxelles alla manifestaz­ione organizzat­a dall’Associazio­ne catalana dei municipi e...

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy