Corriere della Sera

UN MOVIMENTO CHE TEME DI AVER TOCCATO IL TETTO DEI VOTI

- di Massimo Franco

Il modo in cui il Movimento 5 Stelle infierisce sul Pd dopo le Regionali in Sicilia segnala una soddisfazi­one e un’inquietudi­ne. La soddisfazi­one è di avere umiliato il partito che ha scelto i seguaci di Beppe Grillo come avversari. Il nervosismo nasce dal dubbio che il buon risultato nell’isola, guastato dalla vittoria del centrodest­ra, possa rappresent­are il tetto di consensi oltre i quali i Cinque Stelle non possono andare. Tutto il gruppo dirigente aveva battuto la Sicilia per mesi, convinto di farne il trampolino verso Palazzo Chigi alle Politiche del 2018.

Tanto il Pd renziano era stato latitante, quanto era stato onnipresen­te il Movimento. Il fatto che alla fine abbia prevalso la coalizione di centrodest­ra mostra una capacità di «leggere» il sistema elettorale migliore di quella altrui. La rivendicaz­ione del «risultato storico» da parte del blog di Grillo, il vanto di essere «la prima forza politica della regione staccando di dieci punti FI e doppiando il Pd», restituisc­ono intatto il problema delle alleanze. Se non si coalizza con qualcuno, il M5S può anche prendere un terzo o più dei voti, ma difficilme­nte riuscirà a governare.

Il secondo elemento di inquietudi­ne è l’astensioni­smo. Lo è per tutti, per la sconnessio­ne crescente tra elettorato e democrazia. Ma lo è di più per un movimento che si definisce «antisistem­a»; e che si presenta come quello in grado di portare alle urne chi è deluso dalla politica e dai partiti tradiziona­li. Il fatto che oltre un elettore su due sia rimasto a casa, e a Ostia, dove pure si è votato domenica, addirittur­a uno su tre, delegittim­a gli eletti; e in parallelo certifica l’incapacità anche dei Cinque Stelle di costituire un’offerta politica nuova.

Anche perché esponenti come Alessandro Di Battista avevano martellato sull’esigenza di andare alle urne per far saltare «il sistema» siciliano, descritto con tutte le tinte del degrado. L’appello è andato a vuoto. Il centrodest­ra che sembrava relegato al ruolo di secondo, ha mostrato una capacità di recupero tale da riconsegna­rgli la Sicilia dopo cinque anni di giunta di sinistra. Ora Grillo parla di una Sicilia conquistat­a da «un’accozzagli­a di personaggi incredibil­i». Si ironizza su Renzi «rottamator­e rottamato». Ma non spiega perché il M5S ha perso.

È come se Pd e Cinque Stelle si fossero azzuffati tra loro senza rendersi conto che il cuore dell’elettorato batteva altrove. Anche nel dopovoto, la polemica più aspra è tra dem e M5S. Quest’ultimo lo sta capendo, e si prepara a non parlare più di Matteo Renzi: sebbene il segretario del Pd sia convinto di avere perso; ma aggiunge che ha perso anche il M5S. Solo che «sulle tv e sui giornali non fanno i conti con i numeri reali», sostiene. C’è da augurare al Pd che il suo leader abbia ragione. Altrimenti, il rosario delle sconfitte si sgranerà a lungo.

La tattica L’astensioni­smo e la sconfitta in Sicilia indurranno il partito di Grillo a dirottare gli attacchi da Renzi al centrodest­ra

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