Gli Stati Uniti invitano Kim a negoziare «Ci sono progressi con la Nord Corea»
Il presidente Trump a Seul: dai toni minacciosi alla distensione. Oggi il viaggio a Pechino
Nella tappa a Tokyo lunedì Donald Trump ha detto che l’era della «pazienza strategica e della debolezza» con la Nord Corea è finita. Tre portaerei americane si preparano a manovre con sommergibili, altre navi da guerra e cacciabombardieri davanti alla Penisola coreana. Ma ieri a Seul il presidente ha cambiato versione: «Vedo un certo movimento, è sensato che i nordcoreani si siedano a un tavolo e facciano un accordo».
Quella in Sud Corea è la tappa più breve del tour in Asia di Trump, 24 ore scarse, già oggi sarà a Pechino, ma è la più delicata sul fronte della minaccia nordcoreana, per il rischio di una guerra della quale l’alleato sudcoreano non vorrebbe sentir parlare. A Seul, a meno di 60 chilometri dal 38° parallelo dove sono schierati almeno diecimila pezzi d’artiglieria, lanciarazzi e lanciamissili nordcoreani, Trump ha giocato in questo poker nucleare la carta dell’ottimismo: «Alla fine funzionerà, funziona sempre, dobbiamo lavorare sulla soluzione». Il presidente sudcoreano Moon Jae-in ha esaltato l’alleanza e proposto ancora di offrire «un futuro brillante alla Nord Corea per disinnescare la sua minaccia». Trump ha toccato il tema commerciale, perché anche con la Sud Corea gli Usa hanno un deficit imponente nell’interscambio commerciale e ha osservato, come a Tokyo: «I miliardi di dollari in equipaggiamenti militari che voi ordinerete dagli Usa faranno scendere il nostro deficit». Sempre America First.
A Trump è stato chiesto se ci sono sviluppi positivi dopo l’inasprimento delle sanzioni e le pressioni militari. «Voglio tenere le nostre carte il più possibile coperte, ma posso dire che conto sempre che il buon senso prevalga anche in Nord Corea, intanto abbiamo portaerei e sottomarini schierati, speriamo che basti a convincerli a venire a un tavolo negoziale. Sì, vedo dei movimenti in questo senso, vedo un buon progresso». A Seul, per ora, Trump ha dunque evitato i toni guerreschi: niente «fuoco e furia» niente insulti a «Kim Uomo Razzo, pazzo in missione suicida».
Trump ha ricordato che «l’obiettivo è la pace, la stabilità della Penisola coreana; ma i sei test nucleari nordcoreani e i loro missili sono una minaccia per milioni di vite innocenti». Il presidente ha ripetuto la richiesta di collaborazione a Cina e Russia. Ha osservato che Pechino sta impegnandosi molto più che in passato. Si vedrà che cosa riuscirà a concordare con Xi Jinping, che continua ad elogiare su Twitter. Il Cremlino ha confermato l’incontro Putin-Trump in Vietnam a fine settimana.
I toni pacati di Trump sono dovuti anche al rapporto comche plesso con il presidente sudcoreano. Moon Jae-in, uomo di centrosinistra, non vuole che la Penisola sia ridotta a un campo di battaglia e si sente stretto e scavalcato dall’intesa militare Usa-Giappone (c’è ancora rancore verso i giapponesi in Corea). Moon è un «vero gentleman» ha detto su Twitter Trump. Ma il 3 settembre, dopo il test nucleare nordcoreano aveva lanciato: ecco il risultato dei tentativi di «appeasement» dei sudcoreani. «Gli americani vedono la Nord Corea solo come un problema militare e nucleare; non pensano che per i sudcoreani il Paese di Kim ha radici comuni, e migliaia di famiglie sono divise dal 38° Parallelo», dice Andrei Lankov, professore russo a Seul, uno dei massimi esperti di questa crisi.
Moon, a sorpresa, ieri mattina è andato a incontrare Trump che era tra le truppe nella base americana di Camp Humphreys, fuori Seul: una rottura del protocollo per sottolineare che «il presidente americano è qui per un nostro invito», dicono i sudcoreani. Un altro segnale preciso della determinazione ad essere consultato prima di ogni ipotesi di azione militare.