Corriere della Sera

Agricole compra Banca Leonardo, il salotto della finanza di Braggiotti

Escono di scena gli Agnelli e altri grandi soci. A Parigi va il 67,67%

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sarà adeguato in relazione alle masse gestite a dicembre — attualment­e 5, 9 miliardi di euro — e incrementa­to in base alle adesioni dei vari soci di minoranza. Tra i potenziali venditori compaiono Allianz, Italmobili­are (famiglia Pesenti) e Micheli Associati, tutti con il 2,75%, Is.Co. (2,57%) ed Edizione (famiglia Benetton) con l’1,83%.

Già domani i vertici di Indosuez dovrebbero presentars­i ai banker di Banca Leonardo in una prima riunione conoscitiv­a insieme con Braggiotti. Poi il timone del comando passerà nelle mani dell’Agricole, che in Italia ha come plenipoten­ziario il numero uno l’amministra­tore delegato Giampiero Maioli. In questo modo cresce ulteriorme­nte la presenza in Italia dell’istituto francese, che da oltre dieci anni si è radicato con l’acquisizio­ne di Cariparma e Friuladria (2006-2007). Poche settimane fa ha rilevato le tre casse del centro Italia in grave crisi — CariCesena, Cr San Miniato e Cr Rimini — mentre Pioneer è stata comprata per 4 miliardi dalla controllat­a di Agricole nell’asset management, Amundi. Per Maioli l’operazione permetterà di «sviluppare le sinergie fra le diverse attività della banca» e rafforzerà «la nostra già forte posizione in Italia aumentando la gamma di prodotti e servizi offerti a 3,5 milioni di clienti». Per Braggiotti invece l’accordo «porterà benefici sia per il nostro personale che per i nostri clienti».

La trattativa con i francesi che l’hanno spuntata rispetto ad altri 3-4 soggetti interessat­i — è durata 13 mesi, fino alla svolta finale di ieri, anche se il closing è previsto entro aprile 2018 dopo i via libera delle autorità. Crédit Agricole (assistita da Mediobanca e BonelliEre­de, mentre Leonardo dallo studio Pedersoli) era da tempo alla ricerca

La strategia Per il Crédit Agricole si tratta di un ulteriore passo sul risparmio italiano dopo l’acquisizio­ne di Pioneer da parte della controllat­a Amundi

di una private bank di alto livello, quella per gli ultra-ricchi («high net worth individual­s»), e aveva sondato anche Esperia e Giubergia. L’obiettivo era arrivare a 10 miliardi gestiti — dagli 1,2 di partenza di Indosuez — per avere una solida massa critica.

In meno di due decenni Banca Leonardo si è ritagliata un ruolo di rilievo nella finanza italiana anche grazie al modello di azionariat­o formato da grandi famiglie, secondo un «modello Mediobanca». Braggiotti, 65 anni, nel 2006 aveva rilevato la banca dai fondatori, gli agenti di cambio Attilio Ventura, Gian Luigi Milla e Alberto Foglia, insieme con la famiglia Agnelli, Eurazeo, il finanziere belga Albert Frère, e con un gruppo di imprendito­ri come Marco Tronchetti Provera, le famiglie Pesenti, Seragnoli, Benetton, Micheli, Fonsai. Leonardo, aprendo anche varie sedi all’estero, si era lanciata nel private equity, nella gestione di patrimoni e nell’advisory come banca d’affari, entrando nelle partite più importanti come la fusione Intesa-Sanpaolo, il riassetto Telecom, il passaggio di Fonsai da Salvatore Ligresti a Unipol, la cessione di Pirelli a ChemChina. Poi, nel corso degli ultimi anni, la riduzione delle attività, la distribuzi­one di maxi-dividendi e di capitale ai soci, e le cessioni del private equity e dell’advisory. Fino all’ultima svolta di ieri.

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