Corriere della Sera

Più videogame che tennis, Federer è un’altra cosa

Next Gen: via i giudici, i vantaggi e sotto con la musica nel gioco sognato dalle tv

- Gaia Piccardi

Il videogioco, purché non se ne abusi, è divertente. Fiera di Rho, capannone uno, luci soffuse da bisca, stunz stunz come in discoteca, frotte di ragazzini: là dove sorgeva Expo, per cinque anni l’Atp sperimente­rà nuove formule nel laboratori­o Next Gen con lo scopo di non farsi trovare impreparat­a quando la generazion­e dei fenomeni (guidata da Federer e Nadal) arriverà al capolinea. La nouvelle vague in azione a Milano, più uno sport svecchiato, insomma, dovrebbero garantire la prosecuzio­ne della specie. Tutto da vedere.

Intanto (forse) è giusto procedere per test. Le prime cavie sono Daniil Medvedev e Karen Khachanov, protagonis­ti del derby russo che ci porta nel tennis virtuale versione 3.0. Prima novità, il campo cosparso di sensori: addio corridoi (citazione del vecchio Wtc di Dallas e del Master New look Palchi come a teatro e luci soffuse: il campo del torneo Next Gen in corso alla Fiera di Rho alle porte di Milano (Ap) newyorkese al Madison Square Garden), bye bye giudici di linea. In questo tennis — o presunto tale — McEnroe sarebbe stato soppresso in culla: nessuno con cui prendersel­a a morte, nessuno da insultare per uno strafalcio­ne. La palla fuori è chiamata (out o fault) da una voce meccanica con vago accento inglese. Sopravvive il giudice di sedia: l’esperto brasiliano Bernardes declama i punti e suscita risate a scena aperta quando urla «let» sul servizio. Riflesso pavloviano, residuo ancestrale: qui sul campo del futuro la rete vale, prendere o lasciare.

Si sperimenta tre set su cinque, al meglio dei quattro game. Tie break su 3-3, subito punto sul 40-40 (deciding point). La scomparsa del vantaggio, quell’anticamera del paradiso o dell’inferno che poteva durare interminab­ili minuti, è un colpo al cuore per i nostalgici. Ma è, anche, la ragione principale dell’innovazion­e, un passo avanti verso il sogno proibito di tutte le television­i: avere match di durata fissa e non variabile (abolire i vantaggi, è indubbio, aiuta). Il nuovo punteggio e l’orologio che scandisce i tempi morti (25’’ per servire, 1’30’’ al cambio di campo) premiano più il ritmo della strategia.

Bello lo sfondo con i palchi simil-Scala. E che buffe le cuffie da rapper per parlare con il coach in tribuna. Ma è fast food lontanissi­mo dall’esperienza gourmet. Resta un gioco. Federer, accidenti, resta un’altra cosa.

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