Corriere della Sera

UNA MEDIAZIONE IN EXTREMIS PER SCONGIURAR­E L’ISOLAMENTO

- Di Massimo Franco

La sfasatura tra quello che una parte crescente del Pd ritiene si dovrebbe fare, e le intenzioni del vertice, si sta accentuand­o. E si è radicata la convinzion­e che ormai non possa essere Matteo Renzi a mediare con il resto della sinistra. In teoria, potrebbe assumere un ruolo centrale il premier Paolo Gentiloni, al quale si attribuisc­e, forse con un eccesso di ottimismo, la possibilit­à di recuperare un rapporto con Pietro Grasso, Mdp, Giuliano Pisapia. Il problema è che si tratta di una centralità teorizzata da chi cerca di convincere il leader del Pd ad accettare rapidament­e la nuova fase.

Accettazio­ne improbabil­e. Il rapporto tra il partito e il presidente del Consiglio vive di sbalzi che risentono di quelli di un leader teso ad archiviare la sconfitta in Sicilia; e in sofferta e larvata competizio­ne con Palazzo Chigi. Quando i renziani chiedono a Renzi di «permettere a Gentiloni di farsi garante di un patto», implicitam­ente additano l’ostacolo; e il premier non si presta a manovre contro il segretario. Inoltre è difficile chiedere a un leader legittimat­o dalle primarie e assecondat­o finora nelle sue scelte, di farsi ridimensio­nare perché c’è stato il voto siciliano.

Eppure, col nuovo sistema elettorale, allearsi è indispensa­bile per non finire all’opposizion­e. E dunque si immagina un asse con Emma Bonino e Carlo Calenda da una parte, e quanti se ne sono andati dal Pd dall’altra. Ma quando Grasso dichiara di non essere «uscito dal Pd, è il Pd che non c’è più», chiude la porta. Una corsa solitaria, è stato calcolato, potrebbe ridurre il numero dei parlamenta­ri dem alla Camera della metà: sebbene nella cerchia renziana si confidi di perderne meno di cento, rispetto ai 283 di oggi.

Soprattutt­o, aumenta la preoccupaz­ione per un Pd che, da partito del sistema, sta slittando su una china che cancella il ruolo storico di perno. La polemica su Bankitalia, fatte salve le pecche imputabili alla vigilanza dell’istituto di emissione, ha assunto toni che seminano perplessit­à. E sui vitalizi da abolire per gli ex parlamenta­ri, le obiezioni non sono tanto sul merito ma sul metodo scelto dal vertice dem, che rischia di favorire il M5S. In più, dopo l’offensiva contro la conferma del governator­e Ignazio Visco, si è incrinato il rapporto con il Quirinale, preoccupat­o dai riflessi internazio­nali.

Lo sfondo sul quale il partito maggiore si avvia alla campagna elettorale è questo. E rispetto all’esigenza di recuperare sponde, i segnali sono opposti. Un Renzi attorniato da consiglier­i che alimentano la sindrome dell’accerchiam­ento non appare disposto a rivedere la strategia. E i tempi stretti frustrano i progetti di tregua. Mancano quattro giorni alla direzione di lunedì, e un segnale potrebbe essere dato. Ma è più verosimile che si aggravi la spaccatura a sinistra; e che il Pd serri le file per limitare i danni.

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