Corriere della Sera

Oltre 50 morti nel naufragio Ancora accuse tra Ong e libici

- Valentina Santarpia

I sopravviss­uti: i nostri compagni erano ancora vivi quando sono stati avvistati. Non si trova lo scafista, sospetti sulla Marina di Tripoli

Non sono cinque, ma almeno 50 i morti dell’ultimo naufragio al largo delle coste siciliane. Lo svelano le testimonia­nze dei migranti superstiti, 59 persone arrivate a Pozzallo lunedì scorso dopo il solito viaggio della speranza pagato 400 dollari a testa ai trafficant­i di esseri umani. Insieme a loro c’erano i cadaveri di tre uomini, una donna e una bambino di due anni e mezzo. Ma non erano le uniche vittime.

Secondo le indagini condotte dalla squadra mobile di Ragusa, con la partecipaz­ione della Guardia di finanza di Pozzallo e dei Carabinier­i, erano partiti in 145 dalle coste libiche su un gommone che, arrivato in acque internazio­nali, ha iniziato a imbarcare acqua. Dopo pochi minuti è stato avvistato da un elicottero della Marina militare, che ha dato l’allarme. A quel punto sono intervenut­e la Guardia costiera libica e la nave dell’Ong tedesca Sea Watch. La Guardia costiera libica avrebbe salvato una trentina di persone, l’equipaggio della nave tedesca ha raccolto i 59 superstiti approdati sulle coste siciliane e il cadavere del bambino, l’Aquarius (Sos Méditerran­ée) è riuscita poi a recuperare anche i corpi di altre 4 persone, ma ormai era troppo tardi per tutti gli altri: 51 migranti sarebbero morti annegati. La ong tedesca e la Guardia costiera libica si sono accusate a vicenda di non essere intervenut­e in tempo per i soccorsi, e sui libici aleggia anche il sospetto di aver salvato lo scafista, di cui non si hanno notizie. Il rimpallo di responsabi­lità non cambia comunque i fatti. Pochi minuti potevano fare la differenza per i migranti sommersi dall’acqua, che erano ancora vivi quando sono stati avvistati. E la conferma arriva dal primo esame del medico legale, disposto dalla Procura della Repubblica di Ragusa, sui cinque cadaveri arrivati sulle coste siciliane: le vittime sono morte per annegament­o. Ma quei corpi erano solo la punta dell’iceberg, e sono stati i racconti dei migranti salvati, assistiti da un team di psicologi, a permettere di ricostruir­e l’entità della tragedia. La madre del bambino ha spiegato di essersi messa in viaggio da sola insieme al piccolo, per raggiunger­e il marito partito mesi prima. Ma suo figlio non ce l’ha fatta: e a lei è toccato il compito di riconoscer­lo prima della sepoltura.

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