«Ci è servito un anno intero per prepararci»
«Sa qual è l’aspetto straordinario? Abbiamo lavorato tutti insieme nella massima armonia, se ci fossimo allenati per sincronizzarci non avremmo raggiunto un risultato del genere», dice nel giorno dell’annuncio dell’intervento sulle sorelline siamesi Pietro Bagolan, direttore del dipartimento di neonatologia medica e chirurgica. Un meccanismo perfetto? «Sì, e nel mondo dei medici non è scontato. Ciascuno tende a essere geloso del proprio spazio. In questo caso invece sembravamo una famiglia in pieno accordo. Ognuno ha fatto la sua parte, senza primi attori. Vedere le bambine separate e vive è stata una gioia immensa».
Aveva mai seguito casi simili?
«Nel 2000 giudicammo insperabili una coppia di siamesi del Perù che poi vennero operate a Palermo da Carlo Marcelletti. Morirono ambedue, non c’erano speranze. L’episodio ebbe un grande risalto mediatico, io spensi la televisione».
Cosa ci dice la letteratura scientifica sui siamesi?
«Sono stati pubblicati 383 casi, circa il 75 per cento si sono conclusi con la morte dei bambini durante o dopo l’operazione. Bisogna selezionare le situazioni. Noi abbiamo impiegato un anno per fare il piano di come avremmo dovuto procedere».
Come stanno Rayenne e Djihene?
«Bene, si cercano l’una con l’altra, dopo essere state in completa simbiosi per tanti mesi è naturale. Sono seguite da una psicologa, loro e i genitori».