Corriere della Sera

Atlante ideale di luoghi ben poco «comuni»

Una mostra collettiva alla Galleria Valeria Bella di Milano indaga sul rapporto tra l’uomo e lo spazio

- Di Stefano Bucci

All’apparenza sono solo posti come tanti altri: strade, piazze, angoli, scorci, vedute di città, metropoli e semplici paesi molto comuni: Riomaggior­e come Santa Fe, Il Cairo come Parigi, un piccolo borgo portoghese come quattro case nel sud dell’Irlanda. Ma come recita il titolo della mostra aperta fino al 14 novembre alla Galleria Valeria Bella di Milano (via Santa Cecilia 2, valeriabel­la.com) non è questa la reale dimensione di questi luoghi più o meno urbani che, appunto, sono Apparently common places (posti tranquilli, senza storia, senza vita, senza sentimenti), ma solo in superfice.

Tutto di dipende, stavolta, dall’occhio dei fotografi, un occhio capace di cogliere l’attimo e l’essenza di luoghi spesso insignific­anti, anonimi, al limite persino brutti (almeno secondo l’estetica più banale). La collettiva proposta raccoglie così le opere di grandi nomi della fotografia italiana e internazio­nale che hanno saputo indagare con intelligen­za e attenzione il rapporto tra l’uomo e lo spazio dove vive. Artisti diversi: Umberto Agnello, Gabriele Basilico, Harry Callahan, Luca Campigotto, Bruno Cattani, Luigi Ghirri, Gabriele Basilico (1944-2013), Via Sammartini (1995, stampa alla gelatina e sali d’argento), courtesy Galleria Valeria Bella Todd Hido, Pepi Merisio, Carlo Orsi, Ugo Mulas, Pierre Pellegrini, Jacques Pion, Enzo Sellerio, Jeanloup Sieff, George Tice, Wim Wenders. Che seppur con stili differenti sono riusciti a comporre un racconto dei luoghi e delle loro mutazioni dal dopoguerra fino ai giorni nostri, luoghi e mutazioni mai comuni. Perché la geografia ideale che la mostra finisce per ricomporre (proprio come un mosaico, un puzzle in bilico tra storia e memoria) è incredibil­mente variegata: piccole stazioni di servizio del New Jersey che sembrano arrivare direttamen­te dalle tele di Hopper o Ruscha, colonne dell’Antica Persepoli che citano de Chirico, giochi di bambini perfetti per un interno di Felice Casorati, nudi di donna allo specchio che guardano a Modigliani (e forse anche a Picasso). Frammenti dove, di anonimo, non c’è niente.

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