Chailly: in scena la Rivoluzione francese
Massimo Giletti non va alla guerra, al massimo «con Fabio Fazio la domenica sera sarà guerriglia. Alla Rai ha un tg a fare da traino che è una corazzata. E non è vero che è stato lui a chiedere la mia testa». Ma qualche sassolino dalla scarpa il conduttore se lo toglie («Un giorno vedremo il Papa seduto a Che tempo che fa») nonostante le lacrime che a un certo punto sgorgano sincere, alla presentazione di Non è l’arena, che sbarca su La7, da domenica alle 20.30. Un nome che sa di sberleffo, dopo anni di Arena sulla tv pubblica: «Ma è un titolo liberatorio, spero al settimo piano della Rai colgano l’ironia».
Ne ha da vendere, lui, nonostante le premesse pacifiste: «Non chiedetemi un giudizio sulle sorelle Parodi. Ma provo una certa tristezza a veder amalgamare polpette e frittelle (il riferimento è alle ricette eseguite in diretta da Benedetta a Domenica In, ndr) al posto di andare a stanare i problemi veri. Dopo anni di onorato servizio e ascolti stellari, quasi 4 milioni di telespettatori per l’Arena, tanto che dopo l’annuncio della fine le offerte mi sono piovute addosso, mi sono sentito proporre di passare al varietà. Una tempesta umana e professionale. Uno strappo dolorosissimo. Insieme a me, a rischio di scomparire è ●
Benedetta e Cristina Parodi Conducono «Domenica in». Benedetta (a destra) cucina in diretta, Cristina si dedica alle interviste
Sarà ambientata nel periodo storico voluto dal suo autore, negli anni della Rivoluzione francese, Andrea Chénier, l’opera di Umberto Giordano che, con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di Mario Martone, inaugurerà il 7 dicembre la stagione del Teatro alla Scala. È la prima anticipazione, fatta ieri dal Maestro, sulla prima dello spettacolo lirico più atteso dell’anno. «Andrea Chénier — ha detto — è stata scritta proprio per raccontare il periodo della Rivoluzione francese e del Terrore. Riferisce una situazione reale e il nesso storico fa parte dell’opera». stata un’intera squadra di professionisti, che adesso porterò con me a La7. Con Cairo è stato un bell’incontro, nei bar di periferia per non dare nell’occhio. Deciso e determinato, sembrava uno della Juventus — sorride —. Una stretta di mano, e il mio destino è cambiato».
Precisa: «Non mi considero un martire. La Rai dovrà spiegare ai suoi abbonati le ragioni di quel che è successo. Trasformare l’Arena in un posto