Il D-Day fra riti e guerre di nervi Dovi a caccia del jackpot impossibile
Il ducatista: «Marquez ha tutto da perdere». Rossi: «È l’anno delle sorprese...»
Che cosa serve davvero, un miracolo? L’allineamento perfetto dei pianeti? Una clamorosa botta di fortuna? Comunque lo si veda, il D-day di Dovizioso e della Ducati domenica a Valencia è un progetto di sbarco sull’impossibile. L’epico jackpot di Andrea per conquistare il Mondiale MotoGp 2017 ha infatti una sola condizione: che lui vinca la gara e che Marquez finisca dal 12° posto in giù. Ora, sapete quante volte ha vinto Dovizioso qui? Mai. Ha appena un podio nel 2011 con la Honda. Quante volte invece lo spagnolo è finito da 12° in giù in 5 stagioni di MotoGp? 16 in 89 Gp, e qui ha 4 podi su 4 e una vittoria. Insomma, se dobbiamo dare retta al Cavallo bianco — che per Dovi è il simbolo della razionalità contro quello nero della follia — la morale è una sola: «Vincere è difficilissimo, e a Marc dovrebbe succedere qualcosa. Parlarne non ha senso... Meglio restare sereno e correre come sempre. Io non ho niente da perdere».
Tanto per cambiare, è la filosofia giusta. Al week end più importante della sua vita Andrea ha deciso di presentarsi asciutto, senza inutili sprechi di energie, fiero della missione comunque compiuta (con 6 vittorie è il migliore ducatista dopo Stoner) e con una finestra già bella aperta sul futuro: «Non ho rimpianti. Se non andrà, ritenterò l’anno prossimo». Dovi dunque se la gode, e fa bene. All’Eicma di Milano è stato un trionfo («È perché li ho emozionati»); qui ci sono gli amici che ieri gli hanno regalato un divertente video di incoraggiamento; a Forlì è pronto un megaschermo da finale dei M on dia li.L’ antipers on aggio è diventato eroe ma non si scompone, e chissà che questa pace interiore da oggi in pista non possa essere l’arma in più: «Chi ha più pressione è Marquez: lui sì che non può sbagliare». Il Joker — a un passo da un leggendario quarto titolo in 5 anni di MotoGp — lo ammette dietro il ghigno d’ordinanza: «Tutti mi dicono che è fatta, ma non è fatto un bel niente». E, come Mina, ha un solo refrain in mente: «L’importante è finire la gara».
E gli altri? Si adattano annoiati a immaginare il proprio ruolo nella vicenda. Lorenzo dice che «è molto difficile che io possa fare qualcosa per Dovi», e poi twitta la foto del 2015 quando qui vinse il titolo in regime di presunto biscotto. Rossi giura che penserà solo per sé. Pedrosa — re di Valencia con 3 centri — unirà fine individuale e aziendale cercando un poker utile anche al capo. In generale, è una serenità condivisa che marca netta la differenza tra oggi e il famigerato 2015, anno di un altro esplosivo Italia-Spagna: Rossi si presentò a +7 su Lorenzo ma, costretto a partire ultimo dopo i fattacci di Sepang, finì quarto e perse il titolo di 5. Era più difficile allora per lui o oggi per Dovi? Valentino non ha dubbi: «Quel campionato era falsato, arrivammo qui che tutto era già deciso. Stavolta chissà: sulla carta non c’è storia, ma questo è l’anno delle sorprese, prima fra tutte proprio il Dovi. Dunque...». Dunque aspettiamo. Senza sangue stavolta, solo col gas. Il vero ossigeno della gloria.