Corriere della Sera

In Gran Bretagna cresce (con la regia di Blair) la fronda anti-Brexit «Nulla è irrevocabi­le»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Luigi Ippolito

LONDRA «Theresa May vuole incardinar­e la data della Brexit in un testo di legge per dare una impression­e di inevitabil­ità. Ma le cose non stanno in questo modo»: a parlare ieri mattina di fonte a una platea selezionat­a di politici e giornalist­i, a poca distanza dal palazzo di Westminste­r, è Lord Kerr, ex ambasciato­re britannico a Bruxelles ma soprattutt­o segretario generale, fra il 2002 e il 2003, della Convenzion­e europea che redasse i Trattati comunitari. In pratica, la persona che ha materialme­nte scritto l’ormai famoso Articolo 50, quello invocato da Theresa May lo scorso 29 marzo per avviare la Brexit.

Per Lord Kerr non c’è nulla di inevitabil­e nell’uscita di Londra dalla Ue: a suo avviso, l’Articolo 50 può essere revocato, contrariam­ente a quanto afferma il governo britannico. «Non siamo obbligati a uscire solo perché la signora May ha spedito quella lettera a Bruxelles — spiega Lord Kerr —. Possiamo cambiare opinione in ogni momento».

Il governo, accusa il Lord, «dà l’impression­e che il Rubicone sia stato varcato», ma «il dato non è tratto irrevocabi­lmente». E questo perché l’Articolo 50 esprime solo «l’intenzione di uscire. E le intenzioni possono cambiare».

Lord Kerr fa parte di uno schieramen­to sempre più robusto che non crede che la Brexit sia un destino irreversib­ile. Sono voci che appaiono nel dibattito sui giornali ma che riflettono anche una diplomazia sotterrane­a che è al lavoro da settimane. Lo aveva fatto trapelare poco tempo fa il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, quando aveva dichiarato che spettava a Londra scegliere tra «un buon accordo, nessun accordo o nessuna Brexit».

In molti si erano stupiti che da Bruxelles venisse evocata la possibilit­à di un annullamen­to della «secessione» britannica, quando ormai i negoziati stanno andando avanti da mesi, seppure in maniera accidentat­a. Ma qualche giorno fa si è saputo di una missione semi-clandestin­a in Europa guidata da Lord Adonis, stretto consiglier­e di Tony Blair, proprio per esplorare le alternativ­e alla Brexit. E la regia dell’ex premier britannico si intravede dietro questi sforzi.

«C’è ancora il 50 per cento di possibilit­à che la Gran Bretagna resti nell’Unione europea», spiega Lord Adonis durante una riunione a porte chiuse nella sede della Commission­e Ue a Londra. La sua tesi è che se di fronte alla prospettiv­a di un duro contraccol­po economico prevarrà la versione «soft» della Brexit, ossia il mantenimen­to dell’accesso al mercato unico, allora diventerà man mano evidente che la maniera migliore di preservare i benefici dell’Europa consiste proprio nel restare membri del club: e dunque si aprirà l’opportunit­à di invertire il corso della Brexit.

E’ chiaro a questo punto che alla possibilit­à «tecnica» di cambiare strada, invocata da Lord Kerr, occorre aggiungere una volontà politica: che avrebbe bisogno di un passaggio popolare, visto che la Brexit è stata decisa con un referendum. Già il sindaco di Londra Sadiq Khan aveva evocato lo scenario di una seconda consultazi­one. E questa eventualit­à non viene esclusa da un parlamenta­re come Chuka Umunna, una delle star della nuova generazion­e laburista.

«Se ci hanno venduto una Audi con tutti gli optional e poi scopriamo che si tratta di un catorcio senza nessuno degli accessori, siamo autorizzat­i a non comprarlo», spiega Umunna, per dire che i nuovi fatti sul terreno, e cioè la magra realtà della Brexit, consentono un cambiament­o di opinione. Lui fa parte di uno schieramen­to parlamenta­re bipartisan, che include anche una pattuglia di conservato­ri guidati dalla battaglier­a Anna Soubry, decisi a non lasciare il campo ai fautori della Brexit. Ed è probabilme­nte a loro, e ai loro sostenitor­i fuori da Westminste­r, che Theresa May pensava quando ha deciso di incardinar­e in una legge la data di uscita dalla Ue.

Quello che manca al momento è la voglia dell’opinione pubblica di fare marcia indietro. Molti di coloro che hanno votato per restare nella Ue oggi pensano che la decisione sia presa e che bisogna applicarla. E secondo i sondaggi più recenti solo il 35 per cento invoca un nuovo referendum. La strada per fermare la Brexit resta in salita.

Diplomazia segreta Svelata la missione di Lord Adonis: «C’è il 50% di possibilit­à di restare nella Ue»

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