Da Orlando a Franceschini chi vuole l’intesa a sinistra Ma è lite tra i dem e Grasso
ROMA Un weekend decisivo per le sorti di un centrosinistra mai come adesso in confusione. Si comincia domani con l’assemblea di Campo Progressista, nella quale Giuliano Pisapia farà sapere su che rotta intende indirizzare la barca appena salpata. E si proseguirà lunedì, con la Direzione del Pd, dove Matteo Renzi dovrà rispondere alla minoranza, che chiede segnali concreti verso una coalizione di centrosinistra. Convitato di pietra, Pietro Grasso, indicato come il probabile leader di Mdp e polemico autore della frase sul «vero Pd» che sarebbe quello del fuoriuscito Pier Luigi Bersani. A lui rispondono Renzi («A polemica rispondo ringraziandolo e senza aprire fronti di tensione»), Dario Franceschini che si dice «dispiaciuto per i giudizi non condivisibili», Ettore Rosato che parla di «entrata a gamba tesa, visto il suo ruolo istituzionale», e Maurizio Martina che rispetta Grasso ma chiede «altrettanto rispetto per il Pd».
Nel Pd tutti, compreso Renzi, sembrano pronti ad aprirsi a una coalizione di centrosinistra. Ma la minoranza chiede un cambio di rotta deciso e presenterà due ordini del giorno per chiedere di lavorare all’unità del centrosinistra, Mdp compreso. Indicando, nel secondo, una road map che prevede una serie di proposte sulla legge di Bilancio, orientate a sinistra. Andrea Orlando chiede «una svolta sui temi sociali».
Franceschini, ancora in asse con Renzi, considera «inevitabile» la convergenza e chiede «buon senso»: «Facciamo come ha fatto la destra — dice in questi giorni nei colloqui — che ha messo insieme gente che si odia, pur di vincere con questa legge elettorale. Prendiamo i voti: alla premiership e al programma ci penseremo dopo».
Di certo la premiership di Renzi è un ostacolo a sinistra. E sul programma le divergenze sembrano insuperabili. Gianni Cuperlo condivide solo in parte l’approccio di Franceschini: «Il popolo del centrosinistra ci vota se vede un progetto comune. Diamo qualche segnale intanto. Mettiamo la fiducia sullo ius soli. Interveniamo sulla legge di Bilancio, con correzioni sociali». È quello che viene proposto nel documento, dove si citeranno due capisaldi della politica renziana di questi anni: il Jobs act e la Buona scuola. La reazione di Matteo Orfini fa capire l’aria: «La fiducia sullo ius soli la chiedo da tempo. Solo che gli stessi che ora la pretendono sono quelli che dicevano che io la chiedevo solo per dar fastidio a Gentiloni. Quanto al resto, siamo tutti d’accordo sull’allargare la coalizione. Ma se ci chiedono di rinnegare cose di cui siamo orgogliosi, non va bene, diventa controproducente». Quanto a Mdp, spiega Lorenzo D’Attorre che «se nel Pd si aprisse una riflessione su Jobs act e Buona scuola, si aprirebbe una fase nuova. Ma non vedo disponibilità tra i dirigenti».