LE INCOGNITE DI UN PD DI «PROTESTA E DI GOVERNO»
La pressione sul vertice del Pd aumenta. E i più ottimisti sostengono che la situazione è in bilico: nel senso che davvero si potrebbe riaprire, a sorpresa, il dialogo tra il Pd renziano e i suoi avversari a sinistra. Non ci sono elementi nuovi che giustifichino una simile svolta: nel senso che l’odio politico reciproco rimane intatto; la tentazione di una resa dei conti elettorale tra le sinistre rimane la prima opzione quasi per forza d’inerzia. E l’ipotesi di una coalizione dell’«altra sinistra», con Pietro Grasso alla guida, si fa più concreta.
Poi, però, c’è anche la realpolitik. Facendosi la guerra, un’intera area politica potrebbe ritrovarsi con le briciole in Parlamento. E spunta l’istinto di sopravvivenza. Non è solo il documento della minoranza che fa capo al Guardasigilli Andrea Orlando, nel quale si chiede una cesura nella politica economica sull’altare della tregua con Mdp: un tabù difficile da violare, e anche da accettare da parte di Renzi, che ha sempre rivendicato il Jobs act come una legge virtuosa e misconosciuta solo dai nemici. Le manovre più sotterranee sono quelle tra i sostenitori del segretario, decisi a chiedere una virata che consenta un’alleanza «da Rosatellum».
E il leader non dice di no. Il tema è delicato. Incrocia l’offensiva sconcertante di Renzi contro Bankitalia e il sistema bancario in generale: una polemica che rischia di arrivare alla Bce di Mario Draghi. La notizia del dibattito odierno a Milano tra Draghi, il premier Paolo Gentiloni e il fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi, diventa il simbolo di una vicinanza che il leader dem rischia di spezzare: operazione ritenuta da molti, anche nel Pd, spregiudicata quanto miope e, alla fine, suicida.
Insomma, nonostante la voglia disperata di unità di alcuni settori del centrosinistra, l’operazione si presenta come una grande incognita. I tentativi di mediazione per ricreare un simulacro di coalizione sono generosi ma forse tardivi. E sullo sfondo si avvertono polemiche embrionali, destinate a incanaglirsi rapidamente se le cose vanno male. Le parole di Grasso su un Pd dal quale è uscito perché non esisterebbe più, hanno lasciato il segno. Per ora Renzi ha reagito senza polemizzare. Anzi, ha rivolto «un ringraziamento» alla seconda carica dello Stato per avere favorito un emendamento del Pd.
Ma lo ha attaccato il presidente dei deputati, Ettore Rosato, accusandolo di essere «intervenuto a gamba tesa», nonostante «il suo ruolo istituzionale». Traspare il timore che Grasso diventi un concorrente serio come punto di raccordo del fronte anti renziano. Per questo si ipotizza che il Pd gli chieda un incontro. Dopo la Direzione di lunedì 13 novembre, si capirà meglio se Renzi vuole continuare sulla strada del Pd «di protesta e di governo». E se tirerà diritto, sarà interessante vedere quanti seguiranno la sua parabola.