Berlusconi e lo spirito «coalizionista»: per vincere non dobbiamo dividerci
Ma il leader spinge i suoi candidati. E benedice il ritorno dello scudo crociato sulla scheda
Sarà competizione interna, perché «il nostro obiettivo è diventare il primo partito del centrodestra per poi poter indicare il premier». Ma non sarà guerra. Silvio Berlusconi, ai suoi interlocutori, lo ripete: «Queste elezioni possiamo vincerle. Non dobbiamo dividerci. Il tema della leadership non deve ostacolare il nostro cammino, e anche sui collegi e sul programma troveremo l’intesa». «Coalizionista», così lo descrivono, come mai è stato negli ultimi tempi, il leader azzurro fa i calcoli: «Noi di FI possiamo arrivare al 25%, la Lega al 15% e FdI al 5%: con il 45% vinciamo in quasi tutti i collegi uninominali» dice ai suoi, non si sa se perché ci creda davvero o per motivarli al massimo, visto che oggi i sondaggi vedono un centrodestra in ottima salute ma ben al di sotto della soglia del 40%. E però, Berlusconi vuole sul serio giocarsi la partita. Puntando su una FI che rappresenti l’area moderata anche assieme alle varie anime centriste — dovrebbero essere due, una più laica e una «con lo Scudocrociato sulla scheda», come ha confermato ieri a Rotondi durante la convention del leader della Dc —, al partito Animalista, ad altre realtà civiche in qualche specifico territorio. Tutti assieme, pensa Berlusconi, si può arrivare «tranquillamente» ad egemonizzare la coalizione, per poi far pesare il primato dopo il voto. Ci si potrebbe aspettare una reazione ostile degli alleati, e invece — in attesa della complicata maratona per dividersi i collegi — Matteo Salvini appare conciliante: «FI ambisce al 30%? Glielo auguro, è una sfida virtuosa all’interno del centrodestra, più voti prende Berlusconi, più ne avrà il centrodestra. Noi speriamo sempre di poterne prendere uno in più». E per ora non si litiga nemmeno sulla data delle elezioni, anche se le posizioni divergono: Salvini vorrebbe le urne «a febbraio, non perdiamo più tempo», Berlusconi guarda molto oltre: «Serve l’election day con le Regionali, per portare gli astensionisti a votare e non sprecare soldi: se i consigli scadono ad aprile, si voti ad aprile o maggio, che problema c’è?». Nel frattempo, è la sua speranza, potrebbe perfino arrivare la sentenza da Strasburgo, e a quel punto «con me candidabile sarebbe tutto più facile».
Sui candidati alle Regionali invece restano parecchie distanze. Lo scatto del sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, che si candiderà nel Lazio con una lista civica e che viene sostenuto da Salvini, e le ambizioni leghiste contestuali sul Friuli Venezia Giulia (dove il leader del Carroccio vorrebbe Fedriga) hanno parecchio indispettito FI. Che in una cena a palazzo Grazioli giovedì sera ha approfondito la questione e, attraverso sherpa, cercato di organizzare un incontro con la Meloni (che su Pirozzi è cauta, puntando all’unità della coalizione»), da tenere ieri a pranzo. Invito declinato dalla leader di FdI, che ha parlato in pubblico di «fraintendimento, io sono a Pescara... Ci vedremo tutti e tre assieme presto». Così Berlusconi ha deciso di non farsi prendere in contropiede e di rilanciare la commissione per le candidature per le Amministrative, guidata da Matteoli, per mettere paletti molto chiari soprattutto a Salvini: come dice il responsabile dei coordinatori azzurri Sestino Giacomoni, si vota «in Lombardia, nel Lazio, in Friuli e in Molise» e ovunque «dovremo scegliere assieme, uniti, il candidato per vincere». Come a dire, la Lombardia non è affatto fuori dai calcoli, se la Lega la vuole e la Sicilia è andata a FdI, ora è il turno delle candidature azzurre. Che, in un election day, potrebbero anche fare da traino a FI nella competizione tutta interna al centrodestra.
L’incarico a Matteoli Rilanciato il comitato per i nomi da schierare alle Amministrative, guidato da Matteoli