Racket, droga e case espropriate «Così lavora il clan degli Spada»
Il racconto dei pentiti. Indagini sulla famiglia per associazione mafiosa
La testata al giornalista in favore di telecamera non è soltanto il sintomo del «metodo mafioso», almeno nell’interpretazione dei pubblici ministeri. È anche l’occasione per svelare che a carico di Roberto Spada ci sono chiari «indizi di appartenenza a un’associazione mafiosa». Quella degli Spada, appunto, sui quali la Procura di Roma ha aperto un’indagine per mafia in cui sono coinvolti i principali esponenti della famiglia. Molti dei quali già indagati, imputati o condannati in altri procedimenti. Ma adesso, oltre a quello dei Fasciani per i quali l’altalena delle sentenze non s’è ancora fermata, anche il clan Spada assume la veste di una famiglia che comanda a Ostia come i boss di Cosa nostra nell’entroterra siciliano, o quella della ’ndrangheta in Aspromonte o nella Locride.
I pentiti
A raccontarne l’evoluzione sono due pentiti che hanno già ricevuto un marchio di attendibilità da alcuni giudici, il ventinovenne ex spacciatore di droga Michael Cardoni e sua moglie Tamara Ianni, 31 anni, ora sotto programma di protezione. Michael ha avuto uno zio ammazzato nel 2011, Giovanni Galleoni, e suo padre Massimo è stato «gambizzato» nel 2015; esponenti del gruppo dei «Baficchi», legati ad alcuni epigoni della banda della Magliana, che in passato spadroneggiava sul litorale romano. Poi sono arrivati gli altri: «Fino al 2004 gli Spada erano solo manovalanza per conto di altre organizzazioni criminali, in particolare dei Fasciani — ha raccontato il pentito —. Gli unici personaggi di spicco, dotati di vera capacità criminale, erano, all’epoca, Carmine Spada detto Romoletto e suo fratello Roberto (il protagonista della testata, ndr), uno che comanda in seno alla famiglia e si occupa del traffico di stupefacenti». E ancora: «Una delle ragioni per le quali gli Spada hanno rafforzato il loro potere, oltre all’uccisione di un boss di primo piano come Galleoni, deriva dall’aver ereditato il potere di Franco l’iracheno attraverso l’unione tra la figlia di quest’ultimo e il figlio di Spada Enrico detto Pelè». Galleoni fu ucciso insieme a Francesco Antonini, detto «Sorcanera», e il racconto di suo nipote Michael prosegue così: «Carmine Spada detto Romoletto è cresciuto all’ombra di Carmine Fasciani», ma «dopo aver ucciso Galleoni e Antonini gli Spada hanno rotto tutti gli equilibri, arrogandosi un livello criminale superiore al proprio che tuttavia, anche a causa della detenzione di Carmine Fasciani, non sono in grado di gestire pienamente». Per esempio i contatti con la Pubblica amministrazione, dice il pentito. Sebbene la condanna dell’ex direttore dell’ufficio tecnico insieme ad Armando Spada (cugino di Carmine e Roberto) faccia intuire il contrario, così come la frase intercettata di un collaboratore di quel funzionario comunale, che annunciava di dover incontrare «il grande capomafia di Ostia... è lui che comanda a Ostia... C’ha dei lavori da darmi... si chiama Spada».
Pax mafiosa
Secondo i pentiti Galleoni «riscuoteva il pizzo» nella zona di via Antonio Forni, dove c’è la palestra di Roberto Spada, e fu ucciso dopo avere accusato il suo braccio destro Massimo Massimiani di averlo tradito passando dalla parte degli Spada. «Dopo l’omicidio il ruolo di leader nella zona è stato assunto proprio da Massimo Massimiani — riferisce Tamara, la moglie di Michael —. Tale leadership è stata avallata dagli Spada e nella zona si è iniziato a parlare che era sopraggiunta la pax mafiosa».
In questa ricostruzione Massimiani si era alleato con Massimiliano Spada, altro cugino di Carmine e Roberto, e nel 2015 cominciò a pretendere la casa in cui vivevano Michael e Tamara; lui picchiato e lei minacciata ripetutamente, ha raccontato la donna. Finché Massimo Cardoni, il padre di Michael, non ha deciso di af- frontare Massimiani: decisione che gli è costata due colpi di calibro 7,65 nelle gambe. Dalla giovane coppia gli Spada volevano prima il «libro mastro» di «Baficchio» con la contabilità delle estorsioni, e poi la casa in cui abitavano, oltre a quella della madre di Michael: le dovevano rivendere, o andare ad abitarci. Perché sono numerosi, e come ricorda il pentito «il punto di forza della famiglia Spada consiste proprio nel fatto che sono tanti».
Il racket delle case
Il racket delle case popolari, per il pool di magistrati composto dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dai sostituti Ilaria Calò, Eugenio Albamonte, Giovanni Musarò e Mario Palazzi, è un ulteriore strumento di «controllo del territorio», caratteristica essenziale dell’associazione mafiosa e necessaria per la gestione delle attività illecite. La strada dove abitavano Michael e sua moglie è vicino a via Forni, e Cardoni ha spiegato: «Da lì è molto semplice avere la visuale di tutta la zona, quindi la mia abitazione è ambita dagli Spada in quanto si trova in una posizione ottimale che permetterebbe di monitorare anche il transito degli appartenenti alle forze dell’ordine nelle zone limitrofe, e preservare il controllo del territorio contestualmente al traffico di stupefacenti. Per lo stesso motivo gli Spada stanno cercando di appropriarsi di tutti gli appartamenti in quell’area situati al primo piano».
E di case il pentito è tornato a parlare a proposito di Roberto Spada, che avrebbe venduto hashish a credito a un tale Maurizio per 10.000 euro. Ma Maurizio non pagava, e il debito è aumentato finché «Spada si è impossessato della casa popolare della madre di Maurizio, dove attualmente Roberto risiede, cedendogli in cambio la sua abitazione. Ovviamente la casa ceduta da Maurizio era molto più grande di quella di Roberto e quindi aveva un valore molto più elevato. Maurizio è stato costretto ad accettare lo scambio per evitare reazioni violente».