Consob, poteri e controlli che non c’erano
«Parole, parole, parole»... è quel che rispondono i vertici di Consob (il dg Angelo Apponi) e Bankitalia (il capo della vigilanza Carmelo Barbagallo) alle domande della Commissione Banche. Parole che non ridaranno i soldi ai risparmiatori che avevano comprato i titoli della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, titoli un tantino sopravvalutati: fino a 2-3 anni fa valevano rispettivamente 60 e 40 euro, ora zero. Parlano Apponi e Barbagallo, sono dispiaciuti per l’increscioso «incidente di vigilanza» che ha bruciato i risparmi di una vita di centinaia di famiglie. Banca d’Italia ha dato informazioni a Consob, Consob non aveva capito bene e, con quel poco che aveva, ha fatto tutto quello che ha potuto. Eppure Apponi è uomo navigato che sapeva a chi chiedere o dare le informazioni. In alcune intercettazioni telefoniche agli atti del processo Unipol-Fonsai, Stefano Vincenzi di Mediobanca gli dice «senti, amico mio, ti devo anche parlare di un importante aumento di capitale, di cui tu sai già tutto», e Apponi risponde: «Dipende quale... che Senese, Genovese, dove...».
Sul dossier venete Apponi, contrito, dice alla Commissione che la Consob ha fatto in modo che nei prospetti degli aumenti di capitale fatti dalle due banche per salvarsi in extremis, quando erano oramai sull’orlo del baratro, ci fosse scritto che il price/book value era troppo alto, segnale (a dir suo) che c’erano anomalie nella valorizzazione delle azioni. Una domanda che la Commissione Banche forse doveva fare è: «Ma secondo lei la casalinga di Padova, il pompiere di Rovigo e il pensionato di Treviso sanno cos’è il price/book value?». Di più – avrebbe risposto Apponi – non si poteva fare. Ammesso che sia vero, qualcosa non torna.
Per Consob, che ha i poteri dell’autorità giudiziaria, non erano indispensabili le carte di Bankitalia, visto che proprio Consob, nel 2011, aveva ispezionato Veneto Banca, e pare che in quei nove mesi gli ispettori si siano accorti del problema dei prezzi gonfiati. Ma di questo Apponi in Commissione non dice nulla. Dice invece che gli scenari probabilistici non potevano essere inseriti in prospetto, ma omette di ricordare che avrebbero dovuto essere riportati nella scheda prodotto prevista dalla comunicazione Consob del 2009. Ed è un peccato, perché avrebbero chiarito anche alla casalinga, al pompiere e al pensionato di cui sopra che le obbligazioni subordinate vendute dalle due banche avevano il 50% di probabilità di trasformarsi in perdite. Indicazioni che ci sono state sino a quando Consob non ha preso atto dei desiderata del gotha bancario per farli sparire. Autorevoli giuristi sostengono che gli schemi standard di prospetto europei, a cui ha fatto riferimento Apponi, contengono le informazioni minime da dare agli investitori e che l’autorità di vigilanza nazionale (Consob) avrebbe potuto chiedere integrazioni. A noi risulta che Consob ha invece fatto il contrario, e smantellato pure l’ufficio che si occupava di questo.
Acqua passata. Apponi guarda avanti e pone l’attenzione sul fatto che dal 2018 con la Mifid 2 la Consob avrà più poteri: potrà vietare la vendita di titoli spazzatura. Ma come sceglierà cosa va vietato? Secondo quali parametri? Possiamo scommettere che anche di fronte al prossimo scandalo per omessa vigilanza, la difesa sarà che le informazioni disponibili non erano sufficienti a far capire che il prodotto finanziario andava vietato. Il tutto aspettando l’anno che verrà.