Martina: «Ecologica e digitale, ecco l’agricoltura del futuro»
Il libro del ministro e le storie di chi ha scelto la terra per il rilancio del Paese. «I dazi? Un errore»
L’idea di base è che non abbiamo bisogno di andarci a cercare le A nei rating e nei punteggi internazionali perché le abbiamo in casa: Agricoltura, Alimentazione e Ambiente. «Queste tre A possono rappresentare a ogni latitudine dello stivale il connubio perfetto fra comunità locali, economie territoriali, saper fare e capitale umano, paesaggio, reti sociali». Così scrive il ministro Maurizio Martina: ed è un passaggio del suo libro Dalla terra all’Italia - Storie dal futuro del Paese (Mondadori) nato «per mettere in fila le novità che in questi anni abbiamo generato e che il Paese sta facendo crescere e per tracciare una possibile strada per il futuro, dalla green economy alla green society». Va detto che per Martina l’esperienza in questo dicastero è stato il completamento di un percorso di vita rivendicato con orgoglio. Nato e cresciuto in una cascina della bassa Bergamasca dove, scrive, «Ermanno Olmi girò proprio nell’anno della mia nascita, il 1978, l’Albero degli Zoccoli», Martina ha poi studiato all’Istituto Tecnico Agrario di Bergamo e il suo volume parte dal racconto di tanti giovani che hanno scelto quel percorso: «Ragazze e ragazzi, ma anche imprese, consorzi e comunità che dicono come un pezzo della resilienza del Paese nella crisi si è mossa attraverso l’agro-alimentare».
Momento centrale è stato Expo, ma vengono ricordate alcune «battaglie storiche»: come quella della legge contro il caporalato e della legge Gadda contro lo spreco alimentare. Ma anche una tragedia come quella del terremoto «mostra come quella della terra possa essere una via d’uscita e ripresa».
Il libro scorre fra le esperienze di VàZapp’ (giovani agricoltori che hanno unito talenti del territorio pugliesi), di Stefano Caccavari che si inventa il progetto Mulinum, della passione per il mais nero di Carlo Recchia fino alle insalate biologiche di Ida (e a tante giovani donne tornate a occuparsi di terra). Non solo storie. «Questi racconti — dice il ministro — possono offrire chiavi di lettura politiche». A questo proposito, Martina ribadisce la sua posizione in materia di rapporti internazionali: «Sono in dissenso radicale con Salvini quando dice che dobbiamo reintrodurre dazi: se gli Usa facessero così con noi subiremmo un danno enorme. Servono regole giuste in mercati aperti». Non solo: «Ci si deve porre il tema di una crescita equa, sostenibile, giusta. E il mondo agricolo, con le sue esperienze propositive e includenti, è anche un laboratorio di cittadinanza, la stessa che è giusto riconoscere ai bimbi nati e cresciuti in Italia da genitori stranieri».
Da fare c’è ancora molto: le agromafie non restano indifferenti a un giro d’affari da oltre 20 miliardi l’anno. Il territorio va tutelato (5 milioni di ettari coltivabili sono andati perduti: 3 per trasformarsi in bosco, gli altri cementificati); bisogna garantire la tracciabilità degli alimenti e difendere le etichette («abbiamo già fatto un lavoro importante su latte, grano, riso, pomodoro, olio»). Ma soprattutto, insiste il ministro, «va tutelato il reddito di chi lavora la terra e alleva e bisogna garantire più equilibrio fra costi e ricavi».
Se la strada è tracciata («Il futuro agricolo deve essere ecologico e digitale») va capito cosa succederà, anche a livello politico: «Mi auguro non ci sia un passo indietro. Sarebbe un peccato fermarsi».