DA SALVINI A D’ALEMA NAPOLI INTOLLERANTE CONTRO TUTTI
Napoli capitale dell’intolleranza politica? A metterla in questi termini è D’Alema, vittima con Camusso dell’ultimo episodio di aggressione verbale in città. Intervistato dopo l’accaduto, l’ex premier non ha tenuto conto della storiaccia di Ostia, e così gli è sfuggito che aver spedito all’ospedale un giornalista non è stato certo meno grave che aver impedito a lui e alla segretaria della Cgil di parlare. Ma ciò nonostante, il caso c’è tutto. Nella città di Mario Pagano e di Croce, dei Lumi e del liberalismo, comincia a essere un problema salire in cattedra all’università, dibattere in pubblico o comiziare nelle piazze e nei teatri senza sentire addosso la pressione dei cosiddetti antagonisti. Tre anni fa lo storico Paolo Macry fu contestato mentre era in seduta di esami. Poi è stato un crescendo. Renzi, da presidente del Consiglio, non poteva parlare perché Napoli era stata appena «derenzizzata» dal sindaco de Magistris. Salvini, in missione al sud, non doveva parlare perché Napoli è antifascista. De Luca ( tutt’altro che tollerante con i giornalisti), non può parlare perché da governatore non fa abbastanza per i disoccupati. E se non imposto con atti di guerriglia, il bavaglio è sempre lì, pronto. L’altra sera, è scattato intorno a D’Alema e Camusso, invitati a un confronto sul lavoro. Prima i cartelli più o meno ironici («D’Alema, fa qualcosa di sinistra: vattene!»), quindi i fischi e gli spintoni da copione. «Altrove è diverso, il fenomeno è tipicamente napoletano», ha detto D’Alema al Corriere del Mezzogiorno. Ma primato o non primato di Napoli, città dove la politica è in affanno e i conflitti sociali si risolvono in risse, accoltellamenti o lancio di vasi dai balconi, colpisce che per il sindaco filoantagonista la sua sia sempre la capitale «dell’amore e dell’accoglienza».