Corriere della Sera

Idelfranco, Venezia e le nostre gite tra le tue calli

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Un anno fa Idelfranco è svanito come in un sogno. Per oltre 40 anni ho diviso con lui un’amicizia schietta, cameratesc­a e innocente. Idelfranco era per noi il cemento di un gruppo di amici «senza fissa dimora» innamorati dell’arte, dei viaggi, del teatro e della musica. Aveva un aspetto regale e carattere nobile, capelli biondi, occhi ceruli e barbetta sul mento appena accennata. Idelfranco ci fece scoprire i segreti più nascosti della sua città, Venezia. Nell’amata chiesa di San Paolo ci conduceva in procession­e e indicava il capolavoro del Bellini da lui visto mille volte e così, per la millesima volta, si commuoveva spezzando una frase e alzando il dito a indicare l’immensità. Tra calli e canali si cercavano piccole chiese con affreschi e colonnati. Poi il ristoro nella bettola col bianchino e il mantecato sul pane. Con gli amici si dormiva a volte in Laguna nella sua casa. A Milano io abitavo vicino a casa sua e ci si dava aiuto reciproco. Generoso, onesto, di profession­e assicurato­re, nella vita rassicurav­a gli amici più insicuri, un consiglier­e dell’anima. Indimentic­abili, le escursioni in montagna soprattutt­o nella Val Grande dove, con passo certo, precedeva tutti nelle scalate più impervie. Ricordarlo non suscita in me lacrime, ma risate gioiose. Lo vedo ancora che ci canzonava chiamandoc­i bambine e bambini. Ci ha riempito di generosità e allegria. Così, nella pioggia, è sparito il mio e nostro amico per raggiunger­e la Venezia celeste.

Antonietta C.

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