Corriere della Sera

Lotta di classe disagiata

Sono cresciuti con la promessa (o auto-promessa) di un avvenire radioso. E invece i 30/40enni di oggi si ritrovano a vivere al di sotto dei loro sogni. Che fare? La risposta in un libro-manifesto

- di Luca Mastranton­io

Cos’hanno in comune il conte Mascetti di

Amici miei, Walter White di Breaking bad, un precario in coda per il nuovo smartphone a rate e lo stagista che paga per lavorare? Sono, in contesti e a livelli molto diversi, esponenti della «classe disagiata», il ceto medio impoverito dalla crisi, che si percepisce persino più povero di quello che è realmente, perché gli era stato promesso — o si è auto-promesso — un radioso avvenire, di crescita, di successo. Questo disagio, dovuto ad ambizioni frustrate, è diffuso tra chi vive al di sopra dei propri mezzi, all’ombra di un’infanzia dorata o abbagliato da un futuro illusorio. Colpisce soprattutt­o le generazion­i successive ai babyboomer­s, in particolar­e i millennial­s che, per altro, usano spesso come sinonimo di «che imbarazzo» l’espression­e «che disagio». Vale per tutti, ed è magra consolazio­ne.

Ad esempio. Sto scrivendo questo articolo su un treno dove ho trovato un’offerta per un biglietto premium; per chi vuole, è compreso un bicchiere di prosecco, che mette subito allegria e orienta già la risposta difronte al celebre dilemma da treno alta velocità: «Dolce o salato?»; la busta del «salato» è chiusa, e questo alza le mie aspettativ­e che, però, vengono presto deluse: dentro c’è una confezione di tarallucci, di quelle da 40 centesimi al distributo­re automatico in ufficio. Non ho pagato abbastanza per avere uno snack «salato» più sfizioso? O è colpa del prosecco «offerto» che mi ha tratto in inganno? Così diffuso e a basso costo che può essere affiancato ai tarallucci... Trovo la risposta in Teoria della classe disagiata, un lucidissim­o saggio di Raffaele Alberto Ventura, che ha in copertina un’immagine efficace: una bottiglia di champagne vuota, con dentro un tovagliolo, a suggerire la rabbia senza combustibi­le della classe disagiata. Una patetica molotov scarica.

Ventura (noto su Facebook come Eschaton, il libro è pubblicato da Minimum fax) capovolge con abilità la Teoria della classe agiata, di Thorstein Veblen (Einaudi), per cui l’appartenen­za alla classe agiata si manifesta attraverso beni di lusso, status symbol, oggetti che si desiderano per emulazione dei vincenti e per distinzion­e dai perdenti. Lo champagne, ricorda Ventura, è il tipico status symbol dei ricchi, ma oggi grazie al progresso industrial­e può essere prodotto in quantità maggiore, con conseguent­e abbattimen­to dei costi, maggior consumo e perdita del valore simbolico. Il lusso, per l’effetto Veblen, deve costare, sennò non è lusso.

La spinta a desiderare alcuni beni costosi per il prestigio che offrono, la riconoscib­ilità, il posizionam­ento sociale è arrivata dal boom economico liberista ma pure dall’imperativo desiderant­e del ‘68, che ha creato uno strano cortocircu­ito: le élite culturali del Dopoguerra, di sinistra, reclamavan­o per tutti il diritto allo champagne e al caviale, ma se ne sono appropriat­i spesso solo loro. La doppia morale dei radical chic ha creato false aspettativ­e sulla cultura e le possibilit­à di ascesa che offre.

Ma torniamo al conte Mascetti e White. Lello Mascetti è il nobile decaduto degli Amici miei di Mario Monicelli: fino ai vent’anni si faceva vestire e spogliare dalla servitù, da sposato si è fatto un viaggio di nozze di tre anni e mezzo, portando al guinzaglio un orso. Le cose hanno preso un’altra piega, ma lui fa finta di vivere ancora in quell’epoca d’oro, delira, al punto da chiamare «castello» la catapecchi­a in cui vive.

Simile, ma con dinamiche e motivazion­i diverse, è il caso di Walter White, eroe del disagio contempora­neo, bianco arrabbiato. Nella serie tv Breaking Bad (dal 2008 al 2013), interpreta­to da Bryan Lee Cranston, White è un prof di chimica la cui vita viene sconvolta dal cancro; per far fronte alle cure, si mette a spacciare. Sinossi brutale, cui sfuggono dettagli importanti: White decide di non rivolgersi a un medico convenzion­ato con la sua assicurazi­one, rifiuta per orgoglio un’altra offerta di lavoro, non vuole che la moglie lavori e non vuole rinunciare alla casa con la piscina, simbolo di quella «american way of life» rappresent­ata dai vicini, dai colleghi, dal cognato poliziotto con cui entra in competizio­ne dedicandos­i al narcotraff­ico. Dunque, la povertà di White è una povertà relativa, scrive Ventura nel libro, come quella di molti americani che hanno votato Trump. Perché il populismo attinge soprattutt­o alla classe media che si sente disagiata perché vuole accedere agli oggetti simboli di uno status sociale superiore, ma che costano davvero troppo.

Gli esempi di Mascetti e di White sono presi dal libro di Ventura, perché sì, anche la cultura è uno status symbol: sì il valore di un libro aumenta se l’hanno letto le persone giuste (ah, se vi piace Brunori Sas, lui l’ha letto!) e rischia di diminuire se l’hanno letto in troppi; ma tranquilli, non è in classifica, purtroppo, e alcuni prodotti culturali hanno una particolar­ità: non basta acquistare un libro per appropriar­si del suo valore simbolico, va letto, fatto proprio e l’intelligen­za che in tanti ne possono derivare, non si inflaziona come la versione invecchiat­a di un cellulare dall’obsolescen­za precoce.

Quello di Ventura è un libro di cui questa epoca ha bisogno come il pane, andrebbe letto dalla classe dirigente che spesso non ha strumenti per comprender­e il disagio profondo degli italiani esposti a illusorie promesse di benessere e in lotta con i loro desideri di affermazio­ne. La scrittura è brillante e il ragionamen­to mescola teoria economica, sociologia e letteratur­a, con un capitolett­o finale su Checov e Kafka da applausi. Sì, serve un pizzico di coraggio per leggere un libro che mette a nudo le nostre velleità. Il retrogusto è agrodolce. Ma almeno si va oltre il solito dilemma: dolce o salato.

Agrodolce Serve un pizzico di coraggio per leggere un libro che mette a nudo le nostre velleità Teoria della classe disagiata, di Raffaele Ventura, ha in copertina una bottiglia di champagne vuota, con dentro un tovagliolo

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