«Dior? Un’esplosione di fantasia»
Pietro Beccari, nuovo ceo del marchio francese: «Amo la versione teatrale di Galliano, meno quella chic di Simons» L’eredità di Fendi e i nuovi progetti
vero che per togliere le tende dalle finestre, nella sede di Dior, ci vuole l’autorizzazione del presidente?». Fa una certa impressione sentirlo chiedere dal presidente di Dior. Neopresidente: Pietro Beccari, parmense, 50 anni compiuti da poco, ceo di Fendi, giovedì pomeriggio era stato ufficialmente nominato al vertice della maison parigina da due ore esatte quando ha accolto nel suo ufficio al Palazzo della Civiltà Italiana di Roma, da lui fortemente voluto come sede, il Corriere della Sera. Beccari non è mai stato nella sede di Dior, gioiello del gruppo amatissimo da Bernard Arnault.
«Sorpresa sorpresa. È in avenue Montaigne, no? — sorride — Però mi è capitato di andare al ristorante lì di fronte, L’avenue». Ma non ci va con certe può non piacere. È una donna che non ha bisogno di un uomo al suo fianco».
Beccari ricorda come Fendi sia «una fucina dei grandi stilisti unica dove hanno cominciato Alessandro Michele, Frida Giannini, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, Giambattista Valli, Anthony Vaccarello, Virgil Abloh. Fece uno stage da noi Kanye West. È la cultura del distinguere le cose belle dalle cose banali».
Beccari ama «il Dior di Galliano, più esplosivo e teatrale e meno chic francese come era quello di Simons. Si può andare oltre lo chic canonico. Se hai visto la mostra dei 70 anni di Dior, Galliano spiccava per quanto era avanti, forse anche troppo, con la sua fantasia».
Non è mai stato a avenue Montaigne ma conosce Maria Grazia Chiuri, direttore creativo di Dior che poco dopo la nomina ha scoperto che per togliere le tende e dare più luce agli uffici bisognava chiedere al ceo: «Ci stiamo simpatici, ci conosciamo privatamente ma non dal punto di vista lavorativo: aiuterà il parlarsi in italiano, la comunità di intenti e di energie è fondamentale per