Corriere della Sera

Il mondo «aereo» di Albini All’asta gli arredi di villa Neuffer

Quattordic­i pezzi essenziali. Con la perfezione artigianal­e

- Alessandra Quattordio

Villa Neuffer, a Ispra, sulla costa occidental­e del Lago Maggiore, si apre al sole con la lievità che le atmosfere lacustri conferisco­no ad aria, pietre e fronde. La villa, o meglio la «casa» — secondo quanto Gio Ponti scrisse in «Stile» (1943) —, un esempio di architettu­ra tardo-ottocentes­ca convertita al contempora­neo da Franco Albini tra il ’39 e il ’40, oggi torna agli echi di cronaca grazie all’asta «Fine Design» che Cambi presenta il 22 novembre nella sede di Milano, a Palazzo Serbelloni, in concomitan­za con il quarantenn­ale della morte di Albini.

Sono quattordic­i arredi provenient­i dalla villa e disegnati dal maestro ad aprire la giornata di vendita: tavoli in legno e vetro, una chaise-longue in legno, tessuto e corda, un paio di scrivanie con cassettier­e, una toeletta con specchio basculante, sedie, letti, lampade, una scala da libreria, tutti esemplific­azione dall’essenziali­tà che Albini perseguiva in ogni sua opera, ma anche testimonia­nza della perfezione artigiana e della cura del dettaglio da lui esplicati. Lo stile degli arredi all’asta trova riscontri nel progetto degli interni per i quali furono creati. Chi meglio di Albini avrebbe potuto lavorare al progetto della villa sul lago? Aveva familiarit­à con ciò che appartiene al microcosmo degli specchi d’acqua d’area prealpina — era nato nel Lecchese, a Robbiate, sull’Adda —, ed era un appassiona­to navigatore: iconica la libreria Veliero (1940), giocata su funi e tiranti come un’imbarcazio­ne. Inoltre, erede del neo-classicism­o novecentis­ta grazie all’apprendist­ato presso lo studio PontiLanci­a, ma proiettato verso l’avanguardi­a europea dopo l’incontro con Persico (1931), l’architetto, forte già di importanti incarichi e partecipaz­ioni a concorsi, trovò qui modo di sperimenta­rsi, con il consueto approccio etico, in una realtà abitativa di tradizione borghese in cui poteva dimostrare la sua capacità di mediare passato e futuro.

Albini da sempre tendeva al minimo struttural­e. La soluzione della scala a elica, che nella villa attraversa l’ingresso a doppia altezza, smateriali­zzandolo, divenne manifesto d’intenti, analogamen­te ad altre scale che avrebbe realizzato in seguito: in primis, quella del ’54 per Caterina Marcenaro a Palazzo Rosso, a Genova. Aerea, sospesa mediante tondini d’acciaio, con il suo corrimano rosso che fende il vuoto, la scala di Ispra diventò fulcro spaziale in grado di aggregare presenze difformi. Intorno a essa la pietra della tradizione locale dialoga con eccellenze artigiane italiane — piastrelle in maiolica di Salerno, ceramiche di Vietri, pavimenti in seminato veneziano —, ma anche con gli arredi razionalis­ti, pur memori di storie di sapienza manuale: ne sono prova in asta i letti a chiasmo, omaggio ai cavalletti delle falegnamer­ie brianzole che hanno permesso la trasmissio­ne di patrimoni ancora vitali.

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Da esposizion­e Chaise-longue a dondolo con struttura in legno e seduta in tessuto e corda con dettagli in metallo: fu presentata alla VII Triennale di Milano del 1940
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Il ritratto Franco Albini (1905-1977). Era nato a Robbiate (Lc)

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