Bäte (Allianz): «Più integrazione su servizi, capitali e digitale» Utili a 5,4 miliardi
MILANO «Ho le radici in Germania e il cuore in Italia». Il numero uno di Allianz, Oliver Bäte, è a Milano per la Vigoni Lecture, invitato a descrivere dal suo «personale punto di vista» (molto tedesco) «Un’Europa adatta al futuro». Ieri il gruppo assicurativo ha anche comunicato i dati dei primi nove mesi: utili in crescita del 4,9% a 5,4 miliardi, risultato operativo salito del 3,5% a 8,3 miliardi.
Per il colosso tedesco il nostro Paese rappresenta il secondo mercato dopo la Germania: Allianz Italia ha registrato un aumento dei premi del 7,2% a oltre 11 miliardi. Lo sviluppo è stato sostenuto, pur in un mercato difficile, dalla crescita dell’11,4% del ramo vita e da un recupero dei rami danni, in calo del 2% ma in miglioramento rispetto al I trimestre (-3,1%).
In prima fila ad ascoltare Bäte c’erano anche l’ex premier Mario Monti, che il ceo di Allianz ha definito «uno dei mei eroi europei» e l’ex ministro della Giustizia Paola Severino. Per Bäte si può guardare alla ripresa con «cauto ottimismo», ora ci si deve però chiedere se l’Eurozona sia a prova di crisi e se l’economia europea sia a prova di futuro di fronte alla crescita cinese e alla digitalizzazione. Di certo è necessaria «un’ulteriore integrazione dei mercati europei per i servizi, i capitali e il digitale». L’obiettivo è «lavorare insieme in Europa per essere certi di non restare indietro ed essere in grado di conservare l’European way of life». Ma Bäte, che predilige un «approccio pragmatico», non nasconde le criticità che stanno dividendo in questo momento l’Europa pur apprezzando «i suggerimenti del presidente Macron per un’ulteriore riforma della governance». Tuttavia per Bäte non servono nuove istituzioni e nuova burocrazia. È evidente che tra i 28 Paesi c’è una differenza di competitività e anche per quanto riguarda «una solida democrazia unita a una solida amministrazione non c’è lo stesso livello ovunque». Perché l’Europa abbia un futuro è necessario «attuare politiche che si traducano in vantaggi per i cittadini, ovvero più servizi, educazione e infrastrutture». Servono riforme, ma anche ammettere che «gli Stati possano fare bancarotta».