Milano si regala un teatro nel nome di Buzzati
Gli hanno dedicato strade, scuole, biblioteche, sale conferenze (la più attiva e celebre è al «Corriere»), cime e sentieri di montagna, attribuendo la sua identità misteriosa e plurale perfino a un orso che nel 2010 vagò tra le foreste delle Dolomiti e le Prealpi venete. Finora però nessuno ha mai associato il nome di Dino Buzzati a un teatro. È un’omissione che colpisce perché drammi, commedie e monologhi costituiscono un capitolo cruciale nella produzione di chi scrisse Il deserto dei tartari, forse il romanzo più europeo della nostra letteratura. Lo capì anche Albert Camus, che nel 1955 mise in scena a Parigi Un caso clinico. Da oggi Milano colma questa lacuna e presto vedrà nascere il Teatro Buzzati 43 (43 sta per gli anni che lo videro in organico al giornale di via Solferino).
Tutto nasce da un progetto del giornalista e drammaturgo Paolo Pietroni, dello studioso buzzatiano Lorenzo Viganò e di Zelda Buffoni, figlia ed erede di Almerina Buzzati. L’idea di fondo è di riproporre i lavori teatrali di Buzzati (e già è pronto il cartellone per il primo anno), ospitando pure opere di autori che abbiano una riconoscibile condivisione con il suo universo filosofico e narrativo.
Primo passo: individuare nel centro della città un teatro con una storia di rilievo e un valore architettonico indiscutibile. Problema risolto grazie alla Caritas ambrosiana, responsabile della gestione del Teatro delle Arti, cioè l’ex teatro da 200 posti delle Marionette Colla, di via degli Olivetani, da tempo chiuso. Secondo passo, operativo: trovare i finanziamenti necessari alla ristrutturazione (il cui preventivo si aggira sugli 800-900 mila euro, con restauri da chiudere entro un anno), affidando allo studio di Nora Parini l’incarico di raccogliere una dozzina di soci fondatori. A riprova che l’iniziativa risponde a un’esigenza sentita, la Fondazione Cariplo si è già dichiarata pienamente disponibile a offrire un sostegno importante, come del resto consente il proprio statuto.
Insomma: Milano prepara una «casa» dove sarà possibile riascoltare i fantasmi e gli incubi che Dino Buzzati evocava, attraverso le sue pièce. Gli sarebbe di sicuro piaciuta, se è vero che considerava il teatro «una droga», indipendentemente dal successo che ogni ricerca poteva riscuotere (e lui, in quel campo, non ne ebbe molta). «Il teatro — diceva — è una cosa infernale. Mette l’uomo in una situazione completamente diversa dalla vita normale. Ed è per questo che è affascinante. Quando entri nel mondo del teatro, entri nella favola, entri nella fantasia, entri nel mito, entri nella droga. Ecco, il teatro è una droga».