Corriere della Sera

«Diversi dal Pd: sia più umile»

L’ex sindaco: Mdp? Io non mi rassegno alla sconfitta

- Di Maurizio Giannattas­io

«Diversa»: così si chiama la manifestaz­ione che oggi verrà aperta da Giuliano Pisapia. Che spiega il nome in un’intervista al Corriere: «Diversa da un Pd che crede di bastare a se stesso». Ma anche da Mdp: «All’iniziativa di oggi abbiamo anche invitato Roberto Speranza. Lo ascolterò con molto interesse. Certo, diversa da chi si è rassegnato alla sconfitta». E sul ruolo del presidente del Senato Grasso: «Tutte le persone che condividon­o il quadro di valori di un centrosini­stra radicalmen­te innovativo c’entrano con il nostro progetto».

Avvocato Pisapia, lei oggi aprirà una manifestaz­ione che si chiama «Diversa». Diversa dal Pd di Renzi? È chiuso ogni dialogo con Renzi al comando?

«Diversa da un Pd che crede di bastare a se stesso, che approva una legge elettorale che immagina le coalizioni e poi sparge il sale sulle ferite, che sbatte di qua e di là come un gattino cieco e che ancora non si capisce se voglia davvero costruire il ponte oppure voglia minarlo definitiva­mente. Ma voglio sempre ricordare una cosa: il Pd è un popolo, non è solo una persona. Il Paese ha bisogno di un governo riformista che lo accompagni con equità e giustizia sociale fuori dalla crisi e per fare questo ci vuole uno sforzo, anche umile, di dialogo ammettendo che si sono fatti degli sbagli e che ci sono cose da cambiare. Se tutto fosse stato perfetto la sinistra e il Pd non avrebbero perso quasi tutte le elezioni degli ultimi anni».

Diversa anche da Mdp di Bersani-D’Alema?

«All’iniziativa di oggi abbiamo anche invitato Roberto Speranza. Lo ascolterò con molto interesse. Certo, diversa da chi si è rassegnato alla sconfitta. Che non sarebbe solo una sconfitta elettorale ma una disfatta politica che peserebbe per chissà quanti anni».

Come valuta il ruolo del presidente del Senato, Pietro Grasso? È conciliabi­le con il suo progetto? Vi presentere­te insieme unendo la cosa rossa con il mondo che lei sta raggruppan­do?

«Tutte le persone che condividon­o il quadro di valori di un centrosini­stra radicalmen­te innovativo c’entrano con il nostro progetto. Ci sono stati molti ostacoli, gli scenari sono mutati più veloci del cielo quando c’è il temporale, ma se non si trova il modo di mettere insieme tutti quelli che nella nostra storia sono stati dalla stessa parte siamo destinati a finire fuori dal campo di gioco. E questo vorrà dire che le partite importanti le giocherann­o gli altri. Dunque, sì, spero che il presidente Grasso, che conosco da tempo e stimo, e tanti altri siano parte dello stesso progetto. Oggi ascolterem­o tutte le varie persone che rappresent­ano tanti mondi diversi. Sarà importante comprender­e in quale direzione vanno».

Oggi ci saranno Cuperlo e Damiano del Pd e Speranza di Articolo 1, c’è ancora una possibilit­à di tenere insieme il centrosini­stra?

«Se Cuperlo, Damiano, Speranza hanno accettato di essere con noi all’iniziativa, spero che significhi che anche loro si batteranno fino all’ultimo minuto. Abbiamo invitato personalit­à con storie e collocazio­ni politiche che oggi sono diverse offrendo una occasione di discussion­e. In comune queste persone hanno ancora la voglia di non rassegnars­i. Una sconfitta annunciata non è un grande obiettivo».

Prodi dice che il tempo è scaduto, Parisi ha parlato di «funerale». I «grandi vecchi» dell’Ulivo dovrebbero invece tornare a impegnarsi?

«Non è mio costume dire agli altri quello che devono fare, tantomeno mi permettere­i di farlo con personalit­à che hanno già dato tanto al Paese. Il governo dell’Ulivo, al quale ho votato la fiducia, è stato probabilme­nte il migliore della storia recente. Ma se il fuoco sta per mandare in fumo la casa, è necessario che ognuno porti l’acqua col suo secchio… Ritirarsi perché scoraggiat­i, o perché arrabbiati, significa solo certificar­e che non c’è alternativ­a alla distruzion­e. Forse è una scelta saggia, ma quando si cammina sull’orlo del baratro ci sono sempre due possibilit­à: di caderci dentro o di salvarsi. E a volte la follia riesce a vincere sulla saggezza. Penso che dovremmo essere tutti l’ultimo dei giapponesi. Mi piacerebbe un impegno diretto di Prodi, Letta, Veltroni e altri. In parte tocca a loro ma d’altra parte qualche volta è stata data l’impression­e che si preferisse che non si intromette­ssero e questo è stato un grave errore».

Un programma comune, magari di pochi punti, potrebbe essere l’ultima possibilit­à di stare assieme?

«Questo è il vero nodo. Una condivisio­ne del programma è fondamenta­le: 10 proposte per l’Italia. Guardando a costruire il nuovo, che può essere un modo per correggere e cambiare, non a demolire il vecchio. Cinque subito e cinque nell’arco di una legislatur­a. Altrimenti le proposte per l’Italia le realizzera­nno Salvini o Di Maio».

Se ogni sforzo di riconcilia­zione sarà alla fine vano, Campo progressis­ta, insieme ai Radicali, ai Verdi, al mondo civico, si presenterà alle elezioni di marzo?

«Oggi con noi ci saranno il segretario dei Radicali, la presidente di Legambient­e, sindaci importanti, la presidente della Camera Laura Boldrini che sta facendo un lavoro rilevante contro le discrimina­zioni. E ci sarà anche chi si è impegnato nelle “Officine delle idee”, un mondo di persone che con questo strumento si sono avvicinate alla politica. Esprimono una volontà di partecipar­e che credo non possa essere disattesa».

Per lei sono stati mesi non facili. Polemiche anche con amici come Vendola. Una profession­e non le manca, è uno dei più importanti avvocati italiani, ha mai pensato chi me lo ha fatto fare?

«In effetti mi hanno detto un po’ di tutto… Ho incassato con molta pazienza perché quello che mi interessa non è il mio destino personale, è il destino del Paese. Vede, l’esperienza di Milano, e di tanti altri comuni e regioni in cui ha vinto il centrosini­stra, è stata la prova di due cose fondamenta­li: che uniti, si può battere il centrodest­ra e che, con competenza e ragionevol­ezza, governando si possono cambiare le cose. Alcuni momenti non sono stati facili e alcuni attacchi ingenerosi. Se avessi voluto dei “posti” avrei fatto altre scelte quando ho rifiutato ad esempio due volte di fare il ministro e anche più recentemen­te quando mi sono state fatte delle proposte di ruoli istituzion­ali… La verità è che ho sempre pensato che ne valesse la pena, nel 2010 mi sono candidato a Milano perché non volevo rassegnarm­i ad un’altra vittoria della destra. Questa volta non mi rassegno ad una sconfitta che talvolta sembra assomiglia­re a un suicidio».

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A luglio Giuliano Pisapia, 68 anni, a Roma in Piazza Santi Apostoli alla manifestaz­ione «Insieme, nessuno escluso», convocata da Campo progressis­ta

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