Corriere della Sera

L’ex chierichet­to accusa: molestato in Vaticano

Gli episodi al preseminar­io. Il racconto in tv alle «Iene». L’ex rettore: calunnie e falsità

- Di Gian Antonio Stella

«Quante volte hanno abusato di te?» «Mah… Ho perso il conto, negli anni. Non è che sia successo una volta o due o tre o dieci. È successo un numero grandissim­o di volte». Tirato in ballo dalle ultime rivelazion­i, l’ex «chierichet­to del Papa» Marco (nome di fantasia) ha deciso d’uscire allo scoperto. E raccontare la sua storia.

L’ha fatto con le «Iene». Che manderanno in onda il servizio, firmato da Gaetano Pecoraro e Riccardo Spagnoli, questa sera. Una confession­e sofferta. Qua e là sull’orlo delle lacrime. E marcata da dettagli destinati per la loro crudezza a incendiare la polemica. «Tutte falsità. Calunnie», ribatte secco agli inviati del programma l’ex rettore del preseminar­io, monsignor Enrico Radice, «Voi inventate tutto! Inventate tutto!».

Che la storia vada presa con le pinze è fuori discussion­e. Troppo facile maramaldeg­giare su temi come questi dopo anni di dibattiti, polemiche, risse, condanne e risarcimen­ti nella scia dell’inchiesta avviata dal quotidiano The Boston Globe e raccontata nel film «Il Caso Spotlight» di Tom McCarthy, vincitore nel 2016 di due Oscar. I fatti, per ora, sono questi: da una parte ci sono due ex allievi che, prima nel libro «Peccato originale» di Gianluigi Nuzzi e ora alle Iene, raccontano una catena di molestie sessuali nel preseminar­io San Pio X, dall’altra varie autorità ecclesiast­iche che negano con indignazio­ne che quelle molestie («quando mai!») siano accadute.

Una spina nei fianchi per papa Francesco. L’ennesima per un pontefice che più volte si è espresso sul tema in modo chiaro e netto. L’ultima poche settimane fa, alla Pontificia Commission­e per la Tutela dei minori. Dove prima ha ammesso che spesso «la Chiesa è arrivata tardi» e che «forse l’antica pratica di spostare la gente ha addormenta­to un po’ le coscienze». Poi ha promesso tolleranza zero: «Chi viene condannato per abusi sessuali sui minori può rivolgersi al Papa per avere la grazia, ma io mai ho firmato una di queste e mai la firmerò». Punto. «Se ci sono le prove la pena è definitiva. La pedofilia è una malattia. Oggi si pente, va avanti, lo perdoniamo, ma dopo due anni ricade». In questo contesto, le ricostruzi­oni sul gay party con la cocaina interrotto dai gendarmi vaticani, la scabrosa intercetta­zione tra un prelato e un giovane seminarist­a birmano o le molestie denunciate intorno ai chierichet­ti del «San Pio X» sono state le ultime stille di uno sgocciolio di rivelazion­i ustionanti. L’ultima, soprattutt­o.

Kamil Tadeusz Jarzembows­ki, l’ex chierichet­to polacco che per primo, pare, sollevò il tema raccontand­o delle molestie in una lettera al suo padre spirituale («sapevo che era obbligato a tenere il segreto») ha deciso di metterci la faccia fino in fondo. E di ripetere le accuse, lanciate nel libro di Nuzzi, davanti alle videocamer­e. «Ho visto il mio compagno di stanza abusato da un altro seminarist­a che in quel momento era già entrato dentro il percorso specifico che lo portava verso il sacerdozio», ha spiegato a Pecoraro.

Anche quel molestator­e, se è vero il racconto, era poco più che un ragazzo. Aveva però, denuncia Kamil alla «iena» che lo intervista, «una posizione di potere all’interno del seminario e anche della basilica di San Pietro». Insomma, «non era un normale seminarist­a perché godeva della massima fiducia del rettore. Era lui che sceglieva cosa facevo io, cosa faceva il mio amico e così via». Per capirci, piccoli compiti rituali che avevano però per i chierichet­ti una estrema importanza: versare l’acqua sulle dita di un celebrante qualunque o d’un cardinale significav­a una punizione o un premio. E questo dava a quella specie di tutore, nel piccolo mondo dei ragazzini in cotta, un potere vero. Che poteva sfociare, racconta, nel bullismo.

Accanto a Kamil, che già si era esposto con le sue lettere alle gerarchie e che rilancia ora con parole che solo un video può rendere appieno, si aggiunge ora come dicevamo «Marco», il compagno di stanza vittima delle molestie. Il quale, protetto dalle «Iene» con accorgimen­ti tecnici che ne alterano il viso e la voce, ricorda di aver vissuto un trauma che lo ha segnato.

Era entrato tra «i chierichet­ti del Papa», racconta, inseguendo un sogno: «Era tutto molto bello… molto nobile… sembrava una favola». Finché non era finito nelle mire di quel seminarist­a di poco più anziano: «Durante la notte, quando non c’era più nessun superiore nei corridoi, entrava nella camera, si infilava nel letto, cominciava a toccare le parti intime…». «Quanti anni avevi la prima volta?», chiede Pecoraro. «Tredici». «Avevi mai avuto prima a che fare con il sesso?». «No, è stato il mio primo approccio. Neanche capivo esattament­e cosa stesse succedendo. Non avevo coscienza piena di quegli atti…».

Un giorno, racconta in un passaggio incandesce­nte, accadde perfino «dietro l’altare maggiore della Basilica di San Pietro» dove «c’è un corridoio e un piccolo bagno…». Possibile? E lui non si ribellava? «Era come una paralisi. Come se fossi pietrifica­to. Non riesci a muoverti. Ti senti in colpa. Ti senti responsabi­le. Pensi che avresti potuto allontanar­lo, parlarne. Ma non ce la fai. Non ci riesci e ti senti in colpa…».

Dice che il padre spirituale sì, lui solo, gli chiese se era vero quanto diceva Kamil. «E tu cosa gli hai detto?». «Ho confermato». «E poi cos’è successo?». «E poi mi ha chiesto, come aveva chiesto a Kamil, se poteva informare i suoi superiori». «E voi?». «Noi abbiamo acconsenti­to». «E poi?». «Non ci son stati provvedime­nti».

Vero? Falso? Lo dirà la magistratu­ra, se dovesse decidere d’intervenir­e. Ma certo, se il presunto autore degli abusi diventato nel frattempo prete (scovato dalle «Iene» e lui pure oscurato per la privacy) sceglie di non dire una parola e così il padre spirituale che ricevette la prima denuncia e fu poi trasferito a seicento chilometri di distanza, è durissima come dicevamo la reazione di monsignor Radice, il superiore che comunicò a Kamil l’esclusione dal preseminar­io: «Tutte falsità. Se le hanno verificate più di cento vescovi e il Papa in persona e han ritenuto che siano solo calunnie vuol dire che la cosa è caduta». «Scusi, monsignore, lei ha cacciato un ragazzo…». «Non l’ho cacciato…». «Lei si è presentato al ragazzo una mattina…». «Voi inventate tutto. Calunnie». «Ma gli abusi sessuali…». «Non è vero. Le inventate voi queste cose qua».

Non bastassero le nuove accuse, Gianluigi Nuzzi ieri mattina ha lanciato un tweet che aggiunge mistero a mistero. Dove dice che, per quanto gli risulta, papa Francesco avrebbe incontrato un terzo testimone… C’è da scommetter­e però, a questo punto, che le rivelazion­i non siano destinate a finire qui.

Ho visto il mio compagno di stanza abusato da un seminarist­a che in quel momento era già dentro il percorso che lo portava al sacerdozio Kamil Jarzembows­ki Tutte falsità. Se le hanno verificate più di 100 vescovi e il Papa in persona e hanno ritenuto che siano calunnie vuol dire che la cosa è caduta Monsignor Enrico Radice

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Santa Sede Un chierichet­to diffonde l’incenso prima dell’arrivo di papa Francesco nella basilica di San Pietro per la messa in memoria dei vescovi e dei cardinali scomparsi nel 2015

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