Corriere della Sera

«È convinto di essere Kissinger Intanto la Russia sparge caos e la Cina lavora per l’egemonia»

- (Mikhail Klimentyev/Afp) DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE G. Sar.

Ian Bremmer, politologo e fondatore di Eurasia Group, è appena tornato dal Vietnam, dove ha seguito il vertice dei Paesi Apec (Asia-Pacific economic cooperatio­n) e il breve incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin. «Il presidente americano vuole fare come Henry Kissinger, ma è un Kissinger senza strategia».

Trump sostiene che la Russia è fondamenta­le per risolvere la crisi con la Corea del Nord. È così?

«Non mi pare. La Russia è un Paese che sta seriamente perdendo rilievo. E Putin pensa di poter recuperare favorendo l’instabilit­à, il caos nel mondo, specialmen­te negli Stati Uniti. Ecco perché, per esempio, cerca di interferir­e nelle elezioni americane e degli altri Stati occidental­i. Ed ecco perché non si vede tutto questo attivismo russo per contenere la Corea del Nord. Anzi Putin è molto più interessat­o ad aiutare i nordcorean­i ad alimentare tensioni a livello globale. Da questo punto di vista c’è una grande differenza con il presidente cinese Xi Jinping che vuole esattament­e il contrario: stabilità e status quo. Per un motivo molto semplice: vede che gli equilibri internazio­nali si stanno spostando a favore della Cina, senza bisogno di forzare».

Il Russiagate frena i piani di Trump?

«Trump continua a prendersel­a con i media, con il Congresso, con l’Fbi, con tutti insomma, tranne che con Putin. In Asia, esattament­e come al G20 in Germania a luglio, ha dato credito alle smentite del presidente russo. Trump continua a pensare che sia possibile stabilire una relazione positiva con Putin. Ma è difficile che possa accadere. Ci sono troppe incognite e troppi vincoli: le indagini sui legami tra lo staff di Trump e il Cremlino, le sanzioni economiche in vigore».

La Cina?

«Tutti i leader degli altri Paesi asiatici con cui ho parlato sono molto preoccupat­i. L’“America First” di Trump sta legittiman­do il “China First” di Xi Jinping. Il problema è che i cinesi stanno perseguend­o un disegno di egemonia nel Pacifico, spacciando­lo per la difesa legittima degli interessi nazionali. Trump rifiuta il multilater­alismo, dice di volere accordi solo bilaterali. Questo implica indebolire tutta l’impalcatur­a giuridica ed economica costruita negli anni dagli Stati Uniti, a cominciare dall’Organizzaz­ione mondiale per il commercio. Uno scenario che piace ai cinesi, che non vogliono sentirsi vincolati dalle regole e dagli standard internazio­nali. In definitiva la ritirata di Trump, dicono quei leader, è il miglior regalo che Washington potesse fare a Pechino».

Le aperture di Trump verso la Cina, dunque, non porteranno risultati per gli Stati Uniti?

«Trump cerca di muoversi come se fosse Henry Kissinger. Vuole aprire agli avversari politici, dialogare con loro, puntando molto anche sul rapporto personale. Ma Kissinger una strategia di fondo ce l’aveva. Qui la strategia non si vede. E le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono destinate a peggiorare, nonostante il calore degli incontri tra Trump e Xi Jinping».

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Sussurri Il presidente russo Vladimir Putin, 65 anni, e il presidente americano Donald Trump, 71, al summit dei leader dell’Apec a Danang in Vietnam

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