Corriere della Sera

«Tutti con Silvio» L’eterno ritorno della Balena bianca (ma senza De Mita)

Da Cesa a Pomicino, idea centrodest­ra

- di Tommaso Labate

Sarà vero, come dice Clemente Mastella, che «noi ci saremo sempre, come quelle riserve indiane che resistono per secoli». Ed è vero anche che i capi tribù sopravviss­uti, sussurra Cirino Pomicino, all’alba della campagna elettorale più incerta di sempre cercherann­o «di ricomporre questa benedetta diaspora, anche se non sarà facile...». Agli atti, c’è l’eterno ritorno della Dc con loro — i democristi­ani — intenti a tirare le giacchette di alcuni e farsi tirare per la giacchetta da altri.

Nelle settimane in cui anche la storica sede di Piazza del Gesù riapre i battenti, si ripete l’eterno canovaccio che ha accompagna­to i mesi pre-elettorali della Seconda Repubblica. Basta che il profumo dello scioglimen­to delle Camere si avverta nell’aria e i democristi­ani si accomodano ai tavoli delle trattative. Silvio Berlusconi, pronto a sponsorizz­are l’uscita dalla naftalina di uno scudocroci­ato da agganciare al centrodest­ra, telefona alla convention neo-democristi­ana di Gianfranco Rotondi a Saint-Vincent e gioca la carta della mozione degli affetti. «Quando avevo dodici anni, andavo ad attaccare i manifesti per la Dc. Una volta sono arrivati cinque ragazzotti che attaccavan­o invece i manifesti del Pci». Quella volta, era il ’48, la preadolesc­enziale fede democratic­o-cristiana sarebbe costata all’ex premier un infausto destino: botte dai comunisti e schiaffo anche da mamma Rosa.

A mo’ di parziale risarcimen­to, settant’anni dopo fior di democratic­i e cristiani s’apprestano a correre in soccorso di Berlusconi alle elezioni. E non solo il fedele Rotondi, che ormai ha sommato più anni col Cavaliere che col suo antico maestro Gerardo Bianco. Ma anche i tanti chiamati a raccolta da Paolo Cirino Pomicino. «Io, l’Udc di Cesa, Mastella, forse Fitto... Siamo quasi tutti per andare con Berlusconi. Siamo la maggioranz­a ma dovremmo essere ancora di più. Quando nel ’76 380 deputati democristi­ani su 400 erano per la solidariet­à nazionale col Pci, dissi a Moro: “Che cosa aspetti ad andare avanti?”. E lui: “Vedi, Paolo, meglio sbagliare uniti che indovinare divisi...».

La spina del cuore di ’o ministro si chiama Ciriaco de Mita. L’uomo di Nusco, ad andare con Berlusconi, non ci pensa proprio. E ieri, radunando i fedelissim­i a Napoli, l’ha detto chiaro e tondo. «Mai con Berlusconi e Salvini. Il primo tra l’altro mi diceva che ero vecchio quando avevo settant’anni. Ora che ne ho novanta, sembra più vecchio lui di me...». Nella testa dell’ex capo del governo c’è il sogno di agganciars­i a quel centrosini­stra che — nei suoi desiderata — potrebbe prendere il largo a partire dall’area Pisapia-Mdp, dove albergano ex diccì del calibro di Bruno Tabacci e Angelo Sanza. In subordine, c’è sempre il Pd con cui trattare. E se mai qualcuno s’azzardasse a dirgli che è tempo di passare la mano, chissà, forse De Mita replichere­bbe come fece quarant’anni fa a una serie di giovani deputati diccì che gli chiedevano più spazio. L’aneddoto, tramandato da Pierluigi Castagnett­i, si concludeva così: «De Mita ascoltò le rimostranz­e dei giovani e alla fine rispose: “Ma noi facciamo già il massimo per voi giovani. Invecchiam­o”». Degli altri si sono perse le tracce. Lui è ancora lì.

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1948 Manifesto della Dc tratto dal libro I comunisti mangiano i bambini (Il Mulino), di Stefano Pivato

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