Corriere della Sera

I soci vogliono vendere ma nessuno compra le azioni Il mercato fantasma a Bari

POPOLARI IL GRANDE GELO Giallo sulla valutazion­e dell’istituto. Il ruolo di Kpmg

- Di Federico Fubini

Venerdì scorso alle 11.45 si è svolta l’ultima asta in quella che ha l’aria di essere una delle piattaform­e finanziari­e meno liquide dell’Occidente. Hi-Mtf è un sistema digitale sul quale si possono scambiare i titoli di 14 banche, quasi tutte popolari, che rappresent­ano centinaia di migliaia di soci e sulla carta più di due miliardi di valore.

Gli scambi

L’esito della giornata è stato simile a quello di un mercato rionale. Si sono concluse compravend­ite per 592 mila euro (mezzo milione per le Casse di risparmio di Asti e Ravenna, 90 mila euro per la decina di popolari del listino). Si contano 193 scambi, dei quali 41 le banche popolari. Non che non ci fossero venditori: gli azionisti di istituti come la Popolare Pugliese, la Volksbank dell’Alto Adige o la Valsabbina hanno messo in vendita migliaia di pezzi, e ne hanno venduti decine. Sempliceme­nte, oggi sul mercato non si trovano compratori ai prezzi ai quali molte delle banche popolari in Italia hanno venduto le proprie azioni ai clienti. Molte famiglie vogliono rendere liquidi i propri risparmi ma non possono, e il patto sociale fra le banche popolari e i loro soci scricchiol­a.

Il caso pugliese

Sulla piattaform­a Hi-Mtf colpisce una situazione in particolar­e: sulla Banca popolare di Bari, prima azienda di credito del Mezzogiorn­o, con un valore teorico superiore al miliardo e quasi 70 mila soci, è avvenuto un solo scambio: qualcuno ha inserito un ordine a uno sconto del 16% sul prezzo-base di 7,5 euro e si è preso cento azioni. Nessun altro ha osato. Dalla parte dei venditori intanto si è arrivati a oltre 12 milioni di pezzi in offerta: i detentori di quasi un decimo del capitale cercano una via di uscita, senza trovarla.

Tutta l’Italia sud-orientale è un’area di tensione crescente per i risparmiat­ori. In Popolare di Bari, Popolare Pugliese e Popolare di Puglia e Basilicata — stima l’avvocato Antonio Pinto di Confconsum­atori — circa 140 mila azionisti detengono titoli invendibil­i, per un valore teorico di 1,6 miliardi di euro. Ma, appunto, il caso del più grande istituto del Meridione fa storia a sé. Non tanto perché si tratta di un caso di banca popolare dagli assetti dinastici: il presidente, Marco Jacobini, è figlio del fondatore Luigi Jacobini e padre dell’attuale condiretto­re generale Gianluca e del vicedirett­ore generale Luigi. Né la particolar­ità dipende solo dal fatto che la procura di Bari in agosto ha reso nota un’inchiesta sui vertici per associazio­ne per delinquere, truffa e false dichiarazi­oni nel prospetto con il quale fra il 2013 e il 2015 la banca ha raccolto dai soci nuove sottoscriz­ioni al capitale per circa 300 milioni di euro: gli interessat­i respingono le accuse, che restano da dimostrare.

Le valutazion­i gonfiate

A sancire la particolar­ità del caso Bari c’è anche un altro elemento, che permette di capire come emergano a volte certe valutazion­i gonfiate sulle popolari. Nell’autunno dell’anno scorso, quando le azioni sono ormai invendibil­i, i vertici dell’istituto di rivolgono per una validazion­e del prezzo a Enrico Laghi. Ordinario di economia aziendale alla Sapienza di Roma, già consulente della Popolare di Vicenza,

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