I soci vogliono vendere ma nessuno compra le azioni Il mercato fantasma a Bari
POPOLARI IL GRANDE GELO Giallo sulla valutazione dell’istituto. Il ruolo di Kpmg
Venerdì scorso alle 11.45 si è svolta l’ultima asta in quella che ha l’aria di essere una delle piattaforme finanziarie meno liquide dell’Occidente. Hi-Mtf è un sistema digitale sul quale si possono scambiare i titoli di 14 banche, quasi tutte popolari, che rappresentano centinaia di migliaia di soci e sulla carta più di due miliardi di valore.
Gli scambi
L’esito della giornata è stato simile a quello di un mercato rionale. Si sono concluse compravendite per 592 mila euro (mezzo milione per le Casse di risparmio di Asti e Ravenna, 90 mila euro per la decina di popolari del listino). Si contano 193 scambi, dei quali 41 le banche popolari. Non che non ci fossero venditori: gli azionisti di istituti come la Popolare Pugliese, la Volksbank dell’Alto Adige o la Valsabbina hanno messo in vendita migliaia di pezzi, e ne hanno venduti decine. Semplicemente, oggi sul mercato non si trovano compratori ai prezzi ai quali molte delle banche popolari in Italia hanno venduto le proprie azioni ai clienti. Molte famiglie vogliono rendere liquidi i propri risparmi ma non possono, e il patto sociale fra le banche popolari e i loro soci scricchiola.
Il caso pugliese
Sulla piattaforma Hi-Mtf colpisce una situazione in particolare: sulla Banca popolare di Bari, prima azienda di credito del Mezzogiorno, con un valore teorico superiore al miliardo e quasi 70 mila soci, è avvenuto un solo scambio: qualcuno ha inserito un ordine a uno sconto del 16% sul prezzo-base di 7,5 euro e si è preso cento azioni. Nessun altro ha osato. Dalla parte dei venditori intanto si è arrivati a oltre 12 milioni di pezzi in offerta: i detentori di quasi un decimo del capitale cercano una via di uscita, senza trovarla.
Tutta l’Italia sud-orientale è un’area di tensione crescente per i risparmiatori. In Popolare di Bari, Popolare Pugliese e Popolare di Puglia e Basilicata — stima l’avvocato Antonio Pinto di Confconsumatori — circa 140 mila azionisti detengono titoli invendibili, per un valore teorico di 1,6 miliardi di euro. Ma, appunto, il caso del più grande istituto del Meridione fa storia a sé. Non tanto perché si tratta di un caso di banca popolare dagli assetti dinastici: il presidente, Marco Jacobini, è figlio del fondatore Luigi Jacobini e padre dell’attuale condirettore generale Gianluca e del vicedirettore generale Luigi. Né la particolarità dipende solo dal fatto che la procura di Bari in agosto ha reso nota un’inchiesta sui vertici per associazione per delinquere, truffa e false dichiarazioni nel prospetto con il quale fra il 2013 e il 2015 la banca ha raccolto dai soci nuove sottoscrizioni al capitale per circa 300 milioni di euro: gli interessati respingono le accuse, che restano da dimostrare.
Le valutazioni gonfiate
A sancire la particolarità del caso Bari c’è anche un altro elemento, che permette di capire come emergano a volte certe valutazioni gonfiate sulle popolari. Nell’autunno dell’anno scorso, quando le azioni sono ormai invendibili, i vertici dell’istituto di rivolgono per una validazione del prezzo a Enrico Laghi. Ordinario di economia aziendale alla Sapienza di Roma, già consulente della Popolare di Vicenza,