Muore dopo lo scambio di provette con l’omonimo Medici indagati
Provette di sangue scambiate con quelle di un altro paziente con lo stesso cognome, una terapia che proprio in base all’esito delle analisi sarebbe stata sbagliata. Fino a causarne il decesso. Una vicenda di cui ora si trovano a rispondere quattro medici dell’ospedale di Pieve di Cadore, sotto processo a Belluno, accusati dell’omicidio colposo di Alberto Giacobbi, già presidente dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano. All’epoca era stato il dirigente medico dell’Usl 1 di Belluno, Raffaele Zanella, a denunciare «la morte del paziente e lo scambio di prelievi» ai carabinieri. Il pensionato di 76 anni era entrato all’ospedale per una grave lombosciatalgia. È morto il 9 maggio 2014 nel reparto di Medicina, «dopo 24 giorni di calvario», ricordano i parenti. «Lo avevano parcheggiato in quel reparto e sedato, ebbi il presagio che sarebbe andata a finire male» ha riferito ieri ai giudici Beatrice Giacobbi, la figlia della
La figlia «Papà è morto per emorragia cerebrale La terapia era per un altro paziente»
vittima. «Papà è morto per un’emorragia cerebrale indotta dalle terapie anticoagulanti fatte con un erroneo dosaggio, per l’omonimia la terapia era stata calibrata su una persona con un problema più lieve». Ma stando all’esito della consulenza disposta dalla Procura non c’è nesso di causa tra l’errore e il decesso del paziente. Tanto che l’infermiera responsabile dello scambio di provette è stata prosciolta. «Parlare di omonimia fa comodo, a me non risultavano altri pazienti con lo stesso cognome» sbotta Andrea, l’altro figlio dello storico. «L’infermiera è l’ultima ruota del carro, se lei ha sbagliato con le provette, i medici hanno sbagliato di più, non facendo tutto il possibile per salvare mio padre». Ora con la sorella intenterà causa civile ai quattro medici (Roberta De Re, Daniele De Vido, Paolo Nai Fovino, e Federica Vascellari), all’infermiera e all’azienda sanitaria. «Secondo la nostra consulenza, anche se i medici si sono accorti tardi dell’errore avrebbero potuto salvare il paziente» riferisce l’avvocato Massimiliano Paniz. Di diverso avviso le difese dei medici. «Per l’accusa, il profilo colposo è quello di aver sottovalutato i sintomi del paziente, ma dalle nostre perizie emerge che i sintomi non avevano nulla a che vedere con le cause della morte» spiega l’avvocato Simona Ianese.