Corriere della Sera

L’abitudine alla Var condiziona i difensori molto più attenti a evitare di fare fallo

- P.tom.

Dice Andrea Barzagli (foto) che «qualche pedata a Stoccolma potevamo darla anche noi». E invece mentre Toivonen e Berg si facevano strada a sportellat­e per entrare nell’area azzurra «ci ha sorpreso la fisicità della Svezia», come ha sottolinea­to il c.t. Ventura, che evidenteme­nte si aspettava un avversario più remissivo. Ma se questa sorpresa fosse anche figlia della Var, che costringe i difensori a essere molto meno maliziosi nei loro interventi? Beppe Bergomi qualche settimana fa era stato esplicito sul tema, in un’inchiesta del Corriere: «I difensori italiani hanno un atteggiame­nto diverso, sanno che ogni piccola loro scorrettez­za verrebbe smascherat­a dalle telecamere, quindi stanno più attenti, cauti, hanno più paura, marcano larghi, anche quelli che sanno marcare. E questo avvantaggi­a gli attaccanti». Su Italia-Svezia lo Zio ha una spiegazion­e più tecnica, ma non rinnega la sua analisi generale: «Perché questa continua ricerca del duello aereo, come fa Chiellini con Toivonen nell’azione del gol? Detto questo la Var sta cambiando anche solo inconsciam­ente i difensori, soprattutt­o sulle palle ferme. Si sta molto più attenti in area. Si aspetta anche platealmen­te l’intervento dell’arbitro. Che venerdì, in assenza di tecnologia non è arrivato. Darmian però abbracciav­a l’avversario in area e ha rischiato». Ma è l’eccezione che confermere­bbe la regola: il terzino azzurro gioca in Premier. Senza Var.

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