I bambini possono avere la pressione alta Però la «cura» è facile
In genere il problema si accompagna al sovrappeso. Anche la familiarità non va tuttavia sottovalutata
Possibile che un bambino di dieci anni abbia già la pressione arteriosa alta? Pochi ci pensano, eppure può capitare. Nemmeno troppo di rado, visto che stime Usa parlano del 3,5 per cento dei giovanissimi sotto i 14 anni con la pressione troppo elevata per la loro età, con un’incidenza in continua crescita. Non si deve pensare che si tratti di un problema solo dei teenager americani golosi di fast food: uno studio condotto su bimbi dai 6 agli 11 anni in Lombardia ha dimostrato che pure da noi la diffusione dell’ipertensione si aggira attorno al 4 per cento.
«Non è affatto poco», spiega Marco Giussani, autore della ricerca e membro del Gruppo di Studio Ipertensione Arteriosa e Rischio Cardiovascolare della Società Italiana di Pediatria. «Perché se, con successive misurazioni, confermassimo solo la metà di quanto abbiamo verificato, l’ipertensione sarebbe comunque uno dei problemi più diffusi in questa fascia d’età».
Anche per questo Giussani, durante l’ultimo forum dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute dell’Infanzia e dell’Adolescenza Paidòss e della Società Italiana di Medicina Pediatrica, ha tenuto un simposio dedicato ai pediatri per sottolineare quanto sia importante valutare periodicamente la pressione ai bambini: pochi genitori ci pensano e pure i medici lo fanno raramente.
«Basterebbe fare la misurazione una volta all’anno ai controlli di crescita, iniziando attorno ai cinque, sei anni», osserva l’esperto. Una raccomandazione emersa anche dalle più recenti linee guida dell’American Academy of Pediatrics, che in passato suggerivano di misurare la pressione ogni volta che un bimbo arrivava all’attenzione di un medico, ora indicano di farlo solo durante i controlli: «Troppi test al di fuori dei check up di benessere hanno dato molti falsi positivi — spiega David Kaelber, coordinatore per la stesura delle linee guida —. A volte, per esempio quando arrivano in Pronto Soccorso o sono dal dentista, i bimbi hanno dolore o altri problemi che innalzano temporaneamente la pressione ma questo non significa che siano ipertesi. Meglio misurarla in una situazione “neutra”, quindi, senza altre patologie in atto». E tenendo conto dell’ipertensione “da camice bianco”, che spesso si presenta nei più piccoli: la paura del dottore può far alzare la pressione, per cui le linee guida sottolineano che la diagnosi andrebbe posta dopo tre misurazioni “sballate” in ambulatorio.
Ma qual è la soglia per definire un bambino iperteso? «Nell’infanzia non si può stabilire un limite oltre cui aumenta la probabilità di malattie cardiovascolari come accade negli adulti, perciò si usano i percentili — risponde Giussani —. In pratica attraverso migliaia e migliaia di misurazioni si è costruita una curva in cui l’apice è la media di pressione per l’età in questione; ai lati man mano si scende verso gli estremi, i bimbi con valori molto alti o molto bassi, meno numerosi. La diagnosi di ipertensione si pone se il piccolo è nel 95° percentile, ovvero ha valori più alti di quelli registrati nel 95 per cento dei suoi coetanei; si parla di pressione normale/alta al di sopra del 90° percentile. Inoltre, bisogna sempre tenere conto di peso, altezza e sesso del bambino: l’interpretazione non è immediata come nell’adulto».
È invece lo stesso il fattore di rischio principale, il sovrappeso: fra i piccoli con chili di troppo o addirittura obesi la prevalenza di ipertensione diventa rispettivamente il 7 e il 25 per cento. «Anche avere familiari stretti ipertesi aumenta il rischio, così come un peso troppo basso o troppo alto alla nascita — aggiunge Giussani —. La terapia passa, anche nei più piccoli, da un corretto stile di vita. Spesso i genitori non si preoccupano troppo se il figlio è cicciottello, ma quando poi scoprono che ha anche la pressione alta hanno paura e sono attenti a far sì che il bambino modifichi le abitudini, iniziando a praticare uno sport e a seguire una dieta più sana con pochi zuccheri semplici e a ridotto contenuto di sale. Solo molto raramente siamo costretti a intervenire con i farmaci». Il rischio, se non si cura un’ipertensione comparsa nell’infanzia o nell’adolescenza, è ritrovarsi già a diciotto anni con le arterie compromesse: non è raro, ci sono già studi che segnalano ragazzini con vasi degni di un cinquantenne. Anche perché oltre alla pressione alta uno stile di vita fatto di alimentazione sbagliata e sedentarietà comporta spesso colesterolo oltre il limite. «Prima compaiono questi fattori di rischio, più tempo hanno per fare danni — sottolinea Giussani —. La prevenzione cardiovascolare deve perciò iniziare da bambini e se riusciamo a individuare i ragazzini a rischio possiamo essere più incisivi: a tutti dobbiamo dire di mangiar sano e muoversi, ma se la pressione e il colesterolo sono alti dobbiamo pensare a un intervento personalizzato e mirato. Oltre a misurare la pressione, quindi, sarebbe bene valutare anche colesterolo, trigliceridi e glicemia, con un esame del sangue dopo i dieci anni».
La diagnosi Secondo le linee guida andrebbe posta dopo tre misurazioni “fuori norma” in ambulatorio Gli altri esami Se un bimbo è a rischio dopo i 10 anni meglio valutare colesterolo, trigliceridi e glicemia