Corriere della Sera

Dovizioso è un signor secondo ma Marquez resta il campione

Vittoria di Pedrosa, Marc terzo, l’italiano finisce fuori senza aiuti da Lorenzo

- DAL NOSTRO INVIATO Alessandro Pasini al. p.

DAL NOSTRO INVIATO

Andrea Dovizioso è un signor secondo. Dopo che la sua corsa al titolo si chiude sulla ghiaia a 5 giri dalla fine nell’ultimo disperato colpo di gas, lui torna al box e agli applausi risponde con sorrisi, cortesie per il vincitore e persino per quel pseudo compagno che ha detto di averlo aiutato. Il signor Dovi vola alto con una grazia antica, di un’altra epoca, e non ha rimpianti, dice che «ho dato la vita» ed è fiero di questo «campionato esagerato» pieno di bellezze — che beffa è arrivare secondi con 6 vittorie? — sogni e rivincite: «Ora la gente mi guarda con occhio diverso. A 31 anni ero diventato solo un numero, ma io non mi sono mai sentito un numero». Nessuno commetterà più questo errore di valutazion­e: «Ho trovato tanti tifosi inattesi, pure tra gli avversari e tra chi mi diceva che ero scarso. È perché ho

Il Joker della motociclet­ta è talmente forte che per una sua corretta fenomenolo­gia si dovrebbe invertire il punto di partenza: chiederci non come abbia fatto a vincere 4 titoli in 5 stagioni di MotoGp o 6 in 10 totali di carriera, ma come diavolo abbia fatto a non vincere gli altri, o almeno (tolti i primi due di apprendist­ato in 125) quelli in Moto2 nel 2011 e in MotoGp nel 2015. Davvero insomma c’è stato qualcuno capace di batterlo? E sicuri che qualcuno ci riuscirà nell’immediato futuro? Il potere di Marc Marquez ormai è totale e inaffronta­bile, qualunque tattica si usi, chiunque sia l’avversario. O conoscete un altro capace di restare in sella come ha fatto lui ieri a 6 giri dalla fine quando era già orizzontal­e e si è rialzato di puro gomito, mostruoso stuntman di se stesso?

Qui dunque scatta la domanda delle domande: è già il più grande di tutti? Il dibattito è fragile, perché le epoche si succedono e non si confrontan­o, ma questo è il vizio della narrativa sportiva e allora proviamoci. Il palmarès è lo stesso di Valentino allo stesso punto della carriera: 4 titoli nelle prime 5 stagioni di top class e altri emozionato. Emozionare gli altri è una cosa che dovrebbero provare tutti nella vita».

Per diventare campione Dovizioso doveva vincere e Marquez arrivare almeno 12°. È finita con Marquez 3° dietro Pedrosa e Zarco, e Andrea out quando era 3°: «Ma non ce l’avremmo fatta... Bravissimo Marc: avete visto come si è salvato 2 in 125 e 250/Moto2. Marquez ha corso una stagione in più in 125 (3 contro 2), però ha 24anni contro i 25 di Rossi all’epoca. Dunque? Dunque diciamo parità, e ci si riaggiorna più avanti.

Di sicuro, la grandezza di Marc è quella di chi è nato per stare in moto e ogni domenica sposta il limite umano della guida. Cade tanto, è vero: 27 volte nel 2017, alla faccia della presunta svolta da «ragioniere» (i tre zeri di quest’anno sono il suo record in MotoGp). Ma non è follia, solo spirito di esplorator­e, come se avesse studiato all’accademia del crash. «Queste qualità non si allenano», dice lui. Casomai si assecondan­o. Anche se dopo le 5 cadute di Barcellona pure il fenomeno stava andando fuori di testa «e infatti ho cominciato a perdere i capelli…». È da questa continua danza sul cornicione che escono le sue traiettori­e sconosciut­e e vincenti, ma non pensiamo sia solo Dna: qui ci sono tanto allenament­o, la conoscenza della moto (non avesse fatto il pilota avrebbe voluto fare il meccanico), l’adattabili­tà alle emergenze (è il mago del a 6 giri dalla fine?». Lo spagnolo ha impostato una gara veloce, sul ritmo, e il ducatista ammette che «non ne avevo abbastanza». Restano però le perplessit­à sulla condotta di Lorenzo, che gli è stato davanti fino a quando non è caduto, pochi attimi prima di lui. Soprattutt­o all’inizio, è parso che lo spagnolo frenasse Dovi e infatti al 13° dei 30 giri il box rosso — dove qualcuno aveva cominciato a fremere da un po’ e dopo si notavano diversi volti stizziti — ha inviato a Jorge sei messaggi di 35” l’uno sul cruscotto («Mappa 8» in codice) e poi addirittur­a tre con la lavagna esposta da bordo pista: una cosa mai vista. Il messaggio «-1» diceva Stuntman Marc Marquez ha vinto 6 Gp in questa stagione ed è caduto 27 volte fra prove, gare e qualifiche (Ap) (Epa) di cedere una posizione, Jorge non l’ha ascoltato.

La sua tesi è stata che «siccome Dovi non aveva ritmo e io sì, lo volevo tirare verso i primi: lo stavo aiutando». Andrea evita polemiche («Alla fine è stato meglio così, mi ha aiutato mostrandom­i le traiettori­e migliori...») ma — a parte che non si sa come potesse Lorenzo conoscere il ritmo di chi gli stava dietro e che un Dovizioso più avanti magari avrebbe messo pressione a Marquez — resta, unica e fondamenta­le, la questione etico-politica della disobbedie­nza di Lorenzo in mondovisio­ne. Ducati parla di «suggerimen­ti e non ordini», spiega che «chi è in pista capisce meglio la situazione» e, solo incalzata, ammette per bocca del direttore sportivo Paolo Ciabatti «un po’ di disappunto».

La figuraccia però resta, insieme al seme di una guerra interna gettato da Jorge per il futuro. Piccolezze che al grande Dovizioso, da sempre su altre frequenze, non interessan­o: «Io sono arrivato qui senza politica, rimanendo me stesso. Chi pensa che ho perso la chance della vita dice fesserie. Io non ho dubbi: sarò ancora competitiv­o l’anno prossimo». È la mappa 2018 del signor Dovi: chi dice che stavolta non lo porterà al tesoro? flag-to-flag e dei circuiti nuovi) e l’abilità nell’apprendere anche dagli errori come quelli del 2015, l’anno del presunto biscotto a favore di Lorenzo, o dagli avversari come Dovizioso, che ha omaggiato per la sua «forza mentale e la capacità di vincere anche quando non è il più veloce». Marc, falsario abile e furbo, è una spugna che impara in un battito di ciglia: l’esempio migliore resterà sempre il modo in cui nel 2013, da rookie, fotocopiò proprio contro Valentino la «manovra Rossi» al Cavatappi di Laguna Seca. Quando la fece l’italiano su Stoner sembrava irripetibi­le. Marc — anche senza avere letto Benjamin — dimostrò che l’opera d’arte è davvero riproducib­ile, e persino migliorabi­le.

In questi giorni si è parlato

Oltre il limite La sua missione è correre, a ogni gara sposta il limite come fosse un esplorator­e

delle analogie con Lewis Hamilton, con il quale condivide molte straordina­rie statistich­e. Ma mentre l’inglese divora vita come titoli mondiali, Marquez ha un’adesione monacale e sorridente al proprio destino: «Io sono tutto casa e moto, per essere felice mi basta correre». Un limite? Un modo d’essere. In fondo è per correre che il ragazzo è stato chiamato in missione e lui la realizza come pochi hanno fatto nella storia. Anzi, avanti di questo passo, diremo presto: come nessuno ha mai fatto nella storia.

 ??  ??
 ??  ?? titoli mondiali vinti da Marquez; 4, negli ultimi 5 anni, in MotoGp Hondista Marc Marquez, 24 anni, spagnolo di Cervera, corre in MotoGp dal 2013, sempre con la Honda
titoli mondiali vinti da Marquez; 4, negli ultimi 5 anni, in MotoGp Hondista Marc Marquez, 24 anni, spagnolo di Cervera, corre in MotoGp dal 2013, sempre con la Honda

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy