Corriere della Sera

Mediazione di Gentiloni Così il caso banche scompare dal dibattito

Legami più forti tra i due per un fine legislatur­a «ordinato»

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Dopo la relazione di Renzi, Gentiloni ha lasciato il Nazareno «molto soddisfatt­o»: per quello che il leader del Pd ha detto ma anche per quello che non ha detto. Se il tema delle banche non è stato affrontato in direzione, è perché il premier — insieme ai più autorevoli dirigenti democrat — è riuscito a convincere il segretario, che pure lo scorso fine settimana era ancora deciso a tenere l’argomento nell’ordine dei lavori della riunione. La sua scelta aveva destato allarme ai vertici delle istituzion­i, convinti che servisse piuttosto abbassare la tensione su un argomento che tocca «delicati aspetti di sistema», peraltro «in corso di valutazion­e» nella Commission­e d’inchiesta.

Siccome Gentiloni conveniva sull’opportunit­à di non alimentare la polemica, si è fatto interprete di quelle preoccupaz­ioni con Renzi. La sua moral suasion ha avuto successo, anche perché il leader del Pd si è reso conto che — parlando di banche — avrebbe rischiato di far saltare il clima unitario nel partito. E mediaticam­ente l’argomento avrebbe finito per prevalere sull’iniziativa politica, oscurando il messaggio del Nazareno. Così Renzi si è persuaso: «Parleremo dei disastri della vigilanza un’altra volta».

Il premier (e non solo lui) ha tirato un sospiro di sollievo. C’era un’atmosfera distesa quando — prima della direzione — Gentiloni si è fermato a parlare con il leader dem, convenendo sull’impianto del suo discorso, con la «vocazione inclusiva» che lo ispirava, anche se è consapevol­e delle «difficoltà» nelle relazioni a sinistra. Per la parte che lo riguardava ha apprezzato certi incisi di Renzi — «d’intesa con il governo», «in rapporto con il governo» — che testimonia­no una fase non più conflittua­le. Non solo Renzi ha coperto l’operato dell’esecutivo (e del Viminale in primo luogo) sulla politica d’immigrazio­ne, ma ha anche evitato di scaricare la patata bollente dello ius soli su palazzo Chigi. Lo aveva fatto in passato parlando della «fiducia», ora non più. Non conviene nemmeno a lui.

Il barometro delle relazioni tra Palazzo Chigi e Nazareno tende oggi al sereno: Gentiloni si sente coperto da Renzi, che evoca un «finale ordinato della legislatur­a», e Renzi si sente coperto da Gentiloni sulla linea dell’unità nel centrosini­stra. Non a caso il premier, nei colloqui riservati, parla di «alleanza larga», che è un espediente per tenere aperta l’ipotesi di un’intesa con Mdp, senza però impiccarsi alla sua realizzazi­one che appare (quasi) impossibil­e. Al momento l’obiettivo è costruire una «coalizione di governo», il resto sarà più chiaro dopo il 2 dicembre, cioè dopo l’assemblea della sinistra scissionis­ta.

A quel punto si scioglierà formalment­e l’ultimo nodo: la data delle elezioni. Il centro-destra è fermo all’accordo che ha portato all’approvazio­ne del Rosatellum e che prevede le urne nella prima metà di marzo. Ma Berlusconi è informato del fatto che il centrosini­stra potrebbe puntare a un breve slittament­o per riorganizz­arsi. E osserva la cosa con un certo interesse, dato che — se si arrivasse al voto in maggio — avrebbe il tempo per chiedere la sua «riabilitaz­ione» in base al codice Severino: a termini di legge la scadenza è il 9 marzo.

In ogni caso toccherà a Gentiloni la prima mossa, salendo al Colle per dichiarare «esaurito» il suo compito. Ma il premier non dovrà necessaria­mente dimettersi. A Palazzo Chigi sono

La scelta Il premier potrebbe fare come Amato nel 2001: Camere sciolte senza le sue dimissioni

stati studiati due precedenti: il governo Amato del 2001 e il governo Berlusconi del 2006. In entrambi i casi le Camere vennero sciolte in anticipo senza che i presidenti del Consiglio rassegnass­ero il mandato. Anche Gentiloni si muoverà così, lo ha fatto capire ai leader sindacali, offrendo un’intesa sulle pensioni: «Siamo un governo a tempo. Ma questo non significa che andremo a casa dopo la legge di Stabilità. Resteremo per gli affari correnti e potremo arricchire il compromess­o che oggi vi propongo». Doveva essere un esecutivo transitori­o...

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