Il Nazareno e la carta Siani contro il caos di Napoli
ÈPaolo Siani, fratello di Giancarlo, il giornalista ucciso dalla camorra, il lanciafiamme che il segretario ha minacciato di usare contro il Pd napoletano. Nell’indicarlo ieri in direzione come futuro capolista alle Politiche, Renzi ha infatti immaginato un duplice effetto. Da un lato, ridurre a episodio marginale il caso del partito più litigioso d’Italia: due primarie contestate, una lunga serie di commissari alle spalle e un congresso appena finito e già «congelato»; dall’altro, tamponare la falla provocata dal recente abbandono di Antonio Bassolino, ultimo vero leader cittadino ora «a disposizione» del centrosinistra. Chiudere il cerchio napoletano sarà però tutt’altro che facile. In primo luogo, perché da locale la rissa tra i dem è ormai diventata nazionale. E poi, perché il clima che regna in città non è più quello di una crisi politica, ma rimanda semmai al crollo di un intero sistema. La crisi presuppone un organismo da rimettere in sesto. A Napoli, invece, dove il Pd ha perso più del 23% dei consensi in 8 anni, non si capisce più dove sia l’autorità, chi decide, e secondo quali regole. L’ultimo atto: il congresso. Domenica si è effettivamente votato. Ma sabato sera il vicesegretario Martina, vicino, con il presidente Orfini, a uno dei candidati, ha annunciato via email che le votazioni sarebbero slittate di una settimana. Lotti e Guerini, vicini al candidato concorrente, hanno invece premuto perché da Roma arrivasse un contrordine. E così è stato. Il risultato è che i votanti sono stati solo 10 mila su 25 mila, le urne sono «in custodia cautelare», e il candidato di Martina, Orfini (e anche De Luca) ha già pronto il ricorso: per ora agli organismi interni, poi si vedrà.