Pensioni, i 300 milioni del governo non convincono i sindacati
I sette punti e i 300 milioni messi sul piatto dal governo per le pensioni dividono i sindacati. No dalla Cgil, sì dalla Cisl, più no che sì dalla Uil. Ma per evitare una rottura plateale il presidente del consiglio Paolo Gentiloni e i leader sindacali, al termine dell’incontro di ieri sera a Palazzo Chigi, hanno concordato un ultimo appuntamento per sabato prossimo. Salvo sorprese servirà solo a verbalizzare le diverse posizioni. Subito dopo la Cgil potrebbe dar corso alle iniziative di mobilitazione, fino allo sciopero. La segretaria generale, Susanna Camusso, parla di «proposte insufficienti». E Gentiloni, nel corso dell’incontro, gli risponde: «Se preferisci affidarti in futuro a Salvini è inutile andare avanti». Tanto per capire il clima.
I sette punti del governo confermano le indiscrezioni degli ultimi giorni. Resta l’innalzamento a 67 anni dell’età della pensione a partire dal 2019 (5 mesi in più rispetto a oggi). Saranno «salvate» solo le 15 categorie dei lavoratori che svolgono attività gravose, che magari fino a sabato potrebbero diventare qualcuna in più, ma la sostanza non cambia. Lo sconto di 5 mesi riguarderebbe circa un lavoratore su dieci di quelli interessati ad andare in pensione nel 2019, secondo il governo. Le condizioni per evitare lo scatto a 67 anni sarebbero comunque stringenti: 30 anni di contributi ed essere stati occupati in mansioni gravose per almeno 7 anni negli ultimi 10. Previsto un nuovo meccanismo di calcolo della speranza di vita, che terrebbe conto anche degli eventuali cali della stessa. Ma sarebbe utilizzato solo più avanti, a partire dal 2021, sulla base delle proposte che dovrebbe fare una commissione di esperti incaricata anche di approfondire il tema delle diverse aspettative di vita legate ai diversi lavori.
Il rinvio a sabato servirà solo a definire nel dettaglio le sette proposte. Ma a questo punto la palla passa al Parlamento, dove sono stati presentati già diversi emendamenti alla manovra per rinviare a dopo il voto di primavera la decisione sull’innalzamento dell’età, che invece andrebbe formalizzata entro la fine del 2017. «Il governo è contro il rinvio — dice Gentiloni — perché ci sarebbero ripercussioni sui conti pubblici e anche sui mercati internazionali. Ma naturalmente il Parlamento è libero di fare quello che vuole». In ogni caso non si potrà andare oltre la disponibilità offerta dal governo di una spesa aggiuntiva nel 2019 di 300 milioni di euro. Anche un’eventuale proroga al 2019 dell’Ape social, che pure non trova il governo contrario in via di principio, necessiterebbe di una copertura di almeno 150 milioni l’anno. Che al momento non ci sono.
Secondo la segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, è strategico per il sindacato incassare intanto i 300 milioni messi sul tavolo da Gentiloni, rivendicandone il merito all’azione sindacale. Ma Camusso, evidentemente, non dispera che in Parlamento si possa ottenere di più, magari sotto la pressione della piazza, compreso il rinvio della decisione sullo scatto a 67 anni.
Intanto l’Inps ha riesaminato le domande per l’accesso all’Ape sociale e alla pensione anticipata per i precoci. Dopo l’ammorbidimento dei rigidi criteri di valutazione dei requisiti, potrebbero essere accettate 46 mila domande, contro le circa 20 mila accolte prima.