«Patto di Parigi a rischio, la linea tedesca può salvarlo»
La conferenza di Bonn riuscirà a dare gambe alla visione di Parigi? «A oggi siamo distanti da questo obiettivo», valuta Roberto Della Seta, ambientalista di lungo corso che domani raggiungerà — come presidente della Fondazione Europa Ecologia — la delegazione italiana alla conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima (COP23) in Germania.
Perché è scettico? «I Paesi che finora sono stati i protagonisti delle politiche più avanzate dovrebbero rafforzare le loro propensioni, ma non ci sono segnali in questa direzione. L’Europa non parla con una voce unitaria, e un’Europa divisa conta molto poco. L’applicazione tempestiva degli accordi di Parigi è a rischio se una protagonista come l’Europa non fa il suo mestiere». In che senso? «Ci sono Paesi che a prescindere dagli equilibri
Ecologista politici interni restano su posizioni avanzate come la Germania, altri invece frenano, come quelli dell’Est guidati dalla Polonia. L’Italia purtroppo ha tenuto una posizione incerta, ma è stata più dalla parte di quelli che frenano».
Come potrebbe sbloccarsi la situazione?
«I grandi Paesi, non solo Francia e Germania, ma almeno anche Italia e Spagna dovrebbero tenere posizioni avanzate sui target nazionali. La nota positiva per l’Italia è che ci presentiamo a Bonn con una nuova strategia energetica che prevede entro il 2025 l’uscita dal carbone — la fonte fossile più dannosa per il clima — per la produzione di elettricità. Ma questo non basta». Perché? «L’accordo di Parigi prevede che entro il 2020 i Paesi industrializzati mettano a disposizione 100 miliardi di dollari per le politiche climatiche dei Paesi emergenti e in via di sviluppo. L’Italia e l’Europa devono fare più sforzi e contribuire di più. Questa è una conferenza di transizione, quelle decisive si terranno l’anno prossimo in Polonia e poi a Bali. Bonn non è importante per gli esiti formali che avrà, ma per le posizioni che emergeranno: o l’Europa si ritrova sulla linea della Germania o Parigi resterà un sogno. E l’unico modo plausibile per ottenere un risultato è introdurre la carbon tax, una tassa che gravi sui consumi energetici progressivamente in base alla quantità di emissioni. Avrebbe un duplice vantaggio: scoraggiare i combustibili fossili e ottenere un gettito per sostenere l’innovazione energetica».