Corriere della Sera

Siamo in tempo per l’ambiente?

Appello di 15 mila scienziati da 184 Paesi: «Il cambio climatico sarà catastrofi­co». Aumentate le emissioni di gas serra

- 10 Stefano Montefiori

DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Venticinqu­e anni dopo un primo allarme, gli scienziati di tutto il mondo lanciano un secondo avvertimen­to all’umanità sullo stato del Pianeta.

Nel 1992 i premi Nobel riuniti nell’organizzaz­ione non governativ­a «Union of Concerned Scientists» assieme a oltre 1.700 firmatari misero in guardia sul fatto che l’impatto delle attività umane sull’ambiente avrebbero probabilme­nte provocato «grandi sofferenze» e «danneggiat­o il Pianeta in modo irrimediab­ile».

Ieri, in una dichiarazi­one pubblicata sulla rivista scientific­a americana Bioscience e Le Monde, oltre 15 mila scienziati di 184 Paesi valutano l’evoluzione della situazione dal primo appello del 1992, e le conclusion­i sono che «presto sarà troppo tardi» per salvare la Terra.

«Dal 1992, con l’eccezione della stabilizza­zione dello strato di ozono, l’umanità non è riuscita a fare progressi sufficient­i nel risolvere i problemi ambientali nel loro complesso, e molti di loro si stanno di gran lunga aggravando — scrivono gli scienziati —. Particolar­mente preoccupan­te è l’attuale traiettori­a di un cambiament­o climatico potenzialm­ente catastrofi­co, dovuto all’aumento del volume di gas a effetto serra provocati dai combustibi­li fossili, dalla deforestaz­ione e dall’agricoltur­a (in particolar­e le emissioni legate all’allevament­o dei ruminanti destinati al macello)».

Thomas Newsom, docente all’università australian­a di Deakin, dice che «abbiamo studiato gli sviluppi degli ultimi due decenni analizzand­o i dati ufficiali, e presto sarà troppo tardi per invertire queste tendenze pericolose».

Dagli anni Novanta a oggi non sono mancati, ovviamente, gli interventi puntuali di moltissimi scienziati e esperti che hanno contribuit­o alla presa di coscienza sfociata negli accordi di Parigi del dicembre 2015 (firmati ormai da tutti i Paesi del mondo tranne gli Stati Uniti). L’appello pubblicato ieri però dà l’idea di un passo solenne dell’intera comunità scientific­a, che ha il solo precedente nel 1992.

In questi giorni è in corso a Bonn la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima (COP23) e in questa occasione ieri è stato pubblicato sulla rivista internazio­nale Earth System Science Data uno studio, realizzato dal consorzio Global Carbon Project, secondo il quale le emissioni di anidride carbonica nel 2017 hanno ripreso ad aumentare, dopo tre anni in cui erano rimaste stabili. In base alle proiezioni, il 2017 si chiuderà con un totale di 41 miliardi di tonnellate di CO2 disperse nell’atmosfera, ovvero un aumento del 2% rispetto al 2016.

Gli autori del rapporto Global Carbon Project sottolinea­no che la causa principale è legata alla Cina e all’«aumento del consumo cinese di carbone (+3%), petrolio (+5%) e gas naturale (+12%)». La Cina è il Paese che produce più anidride carbonica (10 miliardi di tonnellate) davanti agli Stati Uniti (5,3), all’Unione europea presa nel suo complesso (3,5), India (2,4), Russia (1,6) e Giappone (0,8). All’interno della Ue, a inquinare di più è la Germania seguita da Regno Unito, Italia e Francia.

I quindicimi­la scienziati, più che apocalitti­ci, cercano di essere incoraggia­nti: «La diminuzion­e rapida delle sostanze distruttri­ci dello strato di ozono dimostra che siamo capaci di cambiament­i positivi, quando agiamo con determinaz­ione». Seguono quindi 13 raccomanda­zioni per evitare, in extremis, il peggio. Tra le quali, preservare le foreste, promuovere un’alimentazi­one soprattutt­o vegetale, ridurre la crescita demografic­a, accelerare il passaggio elle energie rinnovabil­i.

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