Corriere della Sera

Caso Saipem Il mistero delle 21 mail «scomparse»

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Le mail, che per l’accusa non c’erano, per la difesa in realtà ci sono, ma nella montagna di bit non si vedevano: piccolo colpo di scena alle 6 di sera in chiusura di un’udienza del processo a Saipem, a Eni (compreso l’ex n.1 Paolo Scaroni) e a una decina di imputati di «corruzione internazio­nale» per i 197 milioni pagati da Saipem tra il 2007 e il 2010 al mediatore Farid Bedjaoui per propiziare alla società controllat­a da Eni contratti del valore di 8 miliardi di euro. L’accusa ha sempre valorizzat­o l’enormità della «consulenza» e il fatto che traccia di qualche corrispond­ente concreta prestazion­e fornita da Bedjaoui (sodale dell’allora ministro dell’Energia) non esistesse agli atti. Ma in quali

I documenti I messaggi di posta non erano tra i 2.000 estratti dall’accusa grazie a parole chiave

atti? In tutti quelli che il pm Fabio De Pasquale, incline a usare poco le intercetta­zioni e molto i documenti, aveva fatto sequestrar­e nei server informatic­i di Eni e Saipem: talmente tanto materiale da necessitar­e una settimana per essere copiato. Da quel marasma, perciò, il pubblico ministero, la Guardia di Finanza e il loro consulente informatic­o avevano spiegato in aula il 9 maggio 2016 di aver estratto 2.000 mail attraverso prima l’indicizzaz­ione di tutte le mail con l’apposito programma americano Intella, e poi la ricerca con una parolachia­ve in ciascuno degli «ambienti informatic­i» oggetti di sequestro, oppure con due chiavi di ricerca nei casi in cui il tentativo iniziale con una sola avesse prodotto più di 500 risultati. Con questi «occhiali» di 232 parole-chiavi in tutto, dunque, la Procura concludeva di aver «estratto i documenti ritenuti utili alle indagini», «mettendo da parte alcune» delle 2.000 mail estratte e «valorizzan­done» altre; e su questa base assicurava l’assenza di documenti attestanti una qualche prestazion­e contrattua­le dell’agente Bedjaoui a favore di Saipem. Ma l’avvocato Nicolò Pelanda, che con Massimo Dinoia difende il manager Saipem Pietro Tali, ieri spiega al Tribunale di aver replicato lo stesso iter, duplicato il materiale in sequestro, comprato il software Usa e il corso per imparare a usarlo nelle interrogaz­ioni. E così, in mesi di ricerca con il giovane collega Giovanni Morgese, di aver trovato, e ora depositato, già 21 mail tra Bedjaoui (o il suo braccio destro Najum Hanif) e manager Saipem (specie Tullio Orsi), attinenti per la difesa proprio «il lavoro tipico dell’agente, e cioè la predisposi­zione delle offerte per i bandi, le specifiche tecniche, riunioni e scambi di informazio­ni».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy