Maglietta di Salò e saluto romano Il club sospende il suo giocatore
Nello spogliatoio della «65 Futa», squadra di Seconda categoria, Appennino bolognese, non lo chiamano nemmeno più per nome. Eugenio Maria Luppi, attaccante di 25 anni, operaio a Sasso Marconi, ora è «quello là». Uno da dimenticare. Domenica, dopo aver segnato il gol-vittoria a casa del Marzabotto, Luppi si è sfilato la casacca mostrando una maglietta nera dove campeggiava un'aquila stilizzata, il simbolo della Repubblica di Salò. Non basta. L'esultanza è proseguita con una corsa a braccio teso. Un saluto romano a due passi dal Sacrario che ricorda la più feroce serie di stragi commesse dai nazifascisti tra la fine di settembre e i primi di ottobre del 1944. Un totale di 1.676 morti tra Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno. Bambini, adulti e anziani, donne e uomini. Torturati e seviziati in ogni modo. Il gesto del calciatore, ripreso con foto e video, è finito subito sui social. «Inqualificabile», per il presidente della Federcalcio Tavecchio. «Premeditato» secondo il sindaco Romeo Franchi. Su Facebook il centravanti, subito sospeso, si è detto «pentito». Ma le scuse «per la leggerezza con cui ho agito» non sono valse a fermare valanghe di insulti. Ieri ha «pianto tutta la mattina», correndo a casa «dopo aver saputo che sua madre ha avuto un malore» racconta il presidente del «65 Futa» Fabrizio Santi, pensionato: «Non li capisco più questi ragazzi. Forse sono semplicemente ignoranti, non sanno quello che fanno».