Meglio non fidarsi degli scrittori
a vita o si vive o si scrive», diceva Pirandello, aggiungendo: «Io non l’ho mai vissuta, se non scrivendola». In realtà l’autore del Fu Mattia Pascal aveva vissuto: una vita difficile, ma l’aveva vissuta, anche se con una moglie paranoica («La pazzia di mia moglie sono io») e con un amore disperato e lacerante per Marta Abba. Pirandello non si amava e vedeva intorno solo sfacelo. È sempre sorprendente lo scarto tra ciò che gli scrittori scrivono e quel che vivono. Vladimir Nabokov scrisse un romanzo scandaloso e lascivo, Lolita, ma la sua relazione con la moglie Vera fu ricca, intensa e alquanto convenzionale. Fatto sta che se non è tuo marito o tua moglie, al genio si perdona tutto, o quasi. Purché sia davvero un genio. Si sa che non esiste grand’uomo per il suo cameriere. Rousseau, Tolstoj, Brecht, Hemingway, Sartre… In un celebre libro degli anni 80, il saggista inglese Paul Johnson si divertì a raccontare i grandi intellettuali osservandoli dietro le quinte: uomini che in pubblico pontificavano, impartivano urbi et orbi lezioni morali, mentre in privato erano tirannici, debosciati, bugiardi, egocentrici, sessuomani. Le contraddizioni fanno parte della vita e la coerenza sarà pure la virtù degli stolti, ma quando è troppo è troppo. Prendete i romanzi di Fausto Brizzi, pubblicati da Einaudi Stile Libero e confrontateli con le rivelazioni sulle molestie. Nulla di più distante. Storie lievi di vita familiare, ironica quotidianità di coppia, qualche tradimento da farsi perdonare in extremis. Niente di torbido, «commedie capaci di commuoverci e di farci sorridere», recita la frase di copertina. Il protagonista di Ho sposato una vegana si chiama addirittura Fausto e sua moglie è Claudia esattamente come la moglie di Brizzi. Più che una fiction, un’autofiction in cui si mette in scena un «onnivoro perdutamente innamorato di una donna con abitudini alimentari che lui pensava destinate solo ai ruminanti». Un libro «divertente e affettuoso» a lieto fine: lui soccombe e lei trionfa. Anche il protagonista di Se mi vuoi bene, pur chiamandosi Diego, mostra, come Fausto, il suo lato debole e innocente: decide persino di dedicarsi agli altri, ottenendo effetti contrari alle sue buone intenzioni. Viene presentato come un personaggio «tenero e maldestro che tutti, in fondo, vorremmo per amico»… La letteratura inganna, come l’apparenza e in qualche caso come la realtà. Mai fidarsi degli scrittori, tanto meno di quelli che rappresentano se stessi con eccessiva autoironia e benevolenza.