Le immagini raccontano
Domani l’evento nell’Impluvium della Triennale. Il dialogo tra disegno e parola scritta sulle pagine del supplemento In mostra a Milano gli illustratori de «la Lettura». Così la grafica rilegge la realtà
La tradizione Con «La Domenica del Corriere», nata nel 1899, nasce una nuova mitologia delle figure
Che vuol dire «illustrare»? Lo spiega lo Zingarelli (edizione 1986): «Corredare un testo di figure, disegni, fotografie e simili. Figurato: rendere chiaro, fornendo di commento». Illustrazione: «Figura, disegno, stampa, fotografia che viene inserita in un testo o in un periodico, a scopo ornamentale o esplicativo». Dunque le immagini sono appendice alla scrittura letteraria?
La mostra Il colore delle parole. L’illustrazione d’autore nel supplemento culturale del Corriere della Sera che si inaugura domani alle 18.30 nell’Impluvium della Triennale di Milano (fino al 3 dicembre, ingresso libero), curata da Gianluigi Colin e Antonio Troiano, forse contraddice queste definizioni. Perché le illustrazioni, foto, disegni, immagini di ogni tipo non sono più, se mai lo sono state, né esplicazioni, né tantomeno aggiunte, ornamenti. No, le illustrazioni sono letture, meta-testi, riflessioni che muovono dal testo letterario e suggeriscono sempre un nuovo racconto. Diciamocelo, ogni volta che compriamo un libro per i nostri figli, quel libro, le fiabe di Grimm o quelle di Rodari, un nuovo Pinocchio o un racconto di Munari, ciascuno di questi testi propone nuove figure, nuovi racconti. Dunque illustrare vuol dire costruire un nuovo discorso. Ma è sempre stato così?
La mostra organizzata da «la Lettura» con la Fondazione Corriere della Sera e il volume che la accompagna raccontano come un grande quotidiano, il «Corriere della Sera», nella sua storia, abbia costruito un civile racconto per la borghesia in Italia, introducendo e articolando l’uso delle immagini. Ma quali? Prima il disegno, poi le fotografie intese quasi come identikit escono sulle pagine del quotidiano. Ma il discorso deve rivolgersi a tutte le classi, ed ecco che il «Corriere» inventa una nuova mitologia delle figure, un settimanale nato nel 1899, «La Domenica del Corriere». Le copertine le dipinge Achille Beltrame che propone un racconto realista fondato su singoli personaggi, positivi o negativi, condensando in una sola immagine, come in un manifesto, un’intera storia. L’impegno civile di Beltrame che accompagna l’Italia nelle guerre del XX secolo, ereditato e trasformato poi da Walter Molino che punterà spesso su altre figure — le dive, i fatti di cronaca —, è qualcosa che bilancia il denso racconto delle parole e propone storie mitiche, come quelle dei romanzi d’appendice. Epopee in figura anche della guerra, da quella del 1915-1918 a Piazzale Loreto, al trionfo dei partigiani. Storie dure alternate a drammi del quotidiano.
Il «Corriere» propone sempre una copertura globale del pubblico ed ecco nascere nel 1908 il «Corriere dei Piccoli» che, dal liberty Antonio Rubino al futurista Sto (Sergio Tofano) propone un racconto didascalico ai ragazzi della borghesia che devono crescere nel rispetto delle istituzioni e della loro salda struttura familiare. Lontano il socialismo utopico di Edmondo De Amicis e di Cuore, lontana la ironia amara di Pinocchio col mito salvifico della Fata Turchina, la madre sognata. Le nuove figure, le nuove illustrazioni rivolte ai ragazzi assumono una funzione educativa precisa. E la hanno anche le pagine de «la Lettura» (1901-1945) vero manifesto della cultura proposta ai più alti livelli: non a caso le copertine, disegnate dai maggiori autori di affiche, da Marcello Dudovich a Leopoldo Metlicovitz, si rivolgono a un pubblico raffinato, colto, ma con la lingua dei manifesti, figure di strada.
Di tutto questo programmato sistema di comunicazione cosa è giunto al «Corriere della Sera» degli ultimi anni, quelli in cui la rivoluzione grafica ha inciso in modo più evidente? Prima di tutto la scrittura, la griglia, l’impaginato del «Corriere» si sono trasformati secondo il progetto di Gianluigi Colin che, coi direttori che si sono succeduti in questi ultimi anni, ha reinventato la funzione della fotografia nello spazio del quotidiano e disegnato nuovi caratteri, dunque la figura delle parole.
Non bastava, serviva un dialogo diverso col pubblico dei lettori ed ecco rinascere, il 13 novembre 2011, «la Lettura» che dunque si pubblica da sei anni. E qui proprio l’«illustrazione» ha cambiato di senso. La copertina vede ogni settimana alternarsi grafici e fotografi, pittori e architetti, i maggiori nel mondo, per proporre una figura, un progetto, un diverso dialogo col pubblico. Quel pubblico che ogni giorno riceve migliaia di input, di stimoli resi obsoleti dal «rumore», dalla banale continuità di miriadi di figure. Le copertine de «la Lettura» e le «illustrazioni» che stanno nelle pagine interne raccontano invece una lunga durata, suggeriscono una riflessione, impongono un silenzio, stimolano un distacco per un nuovo inizio. Torniamo allo Zingarelli: le «illustrazioni» de «la Lettura» non hanno dunque «scopo ornamentale o esplicativo», non hanno nulla a che fare con la idea di «ornamento». Semmai, per restare al dizionario, ci fanno riscoprire la radice latina della parola «illustrazione» che viene dal latino «lustrum, lumen, illustre», dunque «luminoso». Ecco, le illustrazioni sono luce, luce autonoma rispetto alle parole.